Una sentenza destinata a fare scuola quella emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per il Lazio.
Un indiano ‘assediato’ dalla burocrazia italiana
La vicenda parte nel 2019, quando il ricorrente, regolarmente residente in Italia dal 2012 per motivi di lavoro, presenta all’Ufficio Immigrazione di Latina la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, ricevendo appuntamento per i rilievi fotodattiloscopici il 23 settembre 2019.
Nel frattempo, però, si reca in India per una breve vacanza, ma il 20 settembre, alla partenza, viene respinto dalla compagnia aerea poiché in possesso solo della ricevuta della richiesta di rinnovo.
Il rientro in Italia diventa un percorso a ostacoli: prima il rilascio tardivo di un visto di reingresso da parte dell’Ambasciata, poi l’impossibilità di volare a causa del lockdown per la pandemia da COVID-19.
Quando nel luglio 2020 il cittadino indiano prova nuovamente a rientrare in Italia, la Questura di Latina rigetta la sua istanza, sostenendo – erroneamente secondo il Tribunale – che non si sarebbe presentato all’appuntamento previsto il 3 giugno 2019, data in cui invece aveva soltanto inviato la domanda tramite Poste Italiane.
La Questura di Latina confonde le date
Nella sentenza, il TAR sconfessa completamente la ricostruzione dei fatti da parte della Questura di Latina.
I giudici hanno evidenziato come l’amministrazione abbia confuso le date e omesso di valutare adeguatamente le ragioni dell’assenza del ricorrente agli appuntamenti successivi, dovuta a cause di forza maggiore, come il blocco dei voli internazionali per l’emergenza sanitaria.
Il Tribunale sottolinea inoltre l’irragionevolezza del comportamento della Questura di Latina, che ha ignorato del tutto gli elementi forniti nella richiesta di visto e ha eluso la valutazione di merito sul caso specifico, limitandosi a un rigetto formale.
Il Tribunale: rivedete il permesso d’ingresso
Una posizione che ha finito per condizionare anche l’operato dell’Ambasciata italiana in India, che si è vista costretta a negare il visto per effetto del diniego del nulla osta.
Il TAR, dunque, ha annullato entrambi i provvedimenti e ordinato alle amministrazioni coinvolte di riesaminare il caso tenendo conto delle reali circostanze, stigmatizzando la mancanza di attenzione e di proporzionalità nella gestione del procedimento.
Al ricorrente il Tribunale ha riconosciuto anche un rimborso di 2.500 euro di spese legali che dovranno essere pagate dal Ministero dell’interno e dal Ministero degli Affari Esteri.
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