Per i giudici Autostrade non ha proprietà intellettuale del software Tutor
La Corte di Cassazione ha messo infatti a parola fine al lungo contenzioso sulla titolarità del software del sistema SICVe (Sistema Informativo per il Controllo della Velocità), meglio noto come “Tutor“, utilizzato per il controllo della velocità sui tratti autostradali italiani.
Con una sentenza, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da Autostrade per l’Italia S.p.A. e Movyon S.p.A. (già Autostrade Tech S.p.A.), confermando le decisioni già assunte dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Roma.
Il cuore del contenzioso riguardava l’accertamento della proprietà intellettuale del software SICVe. Le società del gruppo Autostrade sostenevano di esserne titolari per effetto dei contratti stipulati con società riconducibili all’imprenditore di Latina Alessandro Patanè.
A detta delle ricorrenti, tali contratti stabilivano che tutto il software prodotto fosse di esclusiva proprietà di Autostrade.
A rafforzare la loro tesi, veniva invocato un accordo transattivo del 2008, firmato tra Autostrade e alcune delle società legate a Patanè. Secondo l’interpretazione di Autostrade tale accordo avrebbe sancito la piena titolarità del software.
L’imprenditore di Latina ha tutti i diritti della proprietà intellettuale del software Tutor
La Corte d’Appello prima e la Cassazione poi hanno ritenuto che Autostrade non abbia fornito una prova adeguata e convincente della proprietà del software.
Anzi, secondo i giudici, i documenti presentati – compresi i contratti e la transazione del 2008 – non sono risultati sufficienti per accertare la titolarità del diritto d’autore, soprattutto nei confronti di soggetti terzi come MPA Group S.r.l. e Alessandro Patanè S.r.l., che non avrebbero espresso alcun riconoscimento esplicito di tale titolarità in favore di Autostrade.
A nulla è valso il tentativo delle ricorrenti di far valere come elemento probatorio un accordo economico operativo tra le parti come comprendente della cessione del diritto di proprietà. Come ha ribadito la Corte “la negoziazione tra soggetti terzi non è di per sé idonea a dimostrare l’effettiva titolarità del diritto di proprietà”.
Tuttavia, nel caso in questione, secondo i giudici, Autostrade non ha saputo fornire “ben altre prove” a sostegno della propria posizione.
Non solo. I giudici hanno ritenuto infondati anche gli altri motivi del ricorso: dalla pretesa errata interpretazione della transazione del 2008, all’omessa considerazione del fatto che il software attualmente in uso sarebbe diverso da quello originariamente sviluppato dalle società riconducibili a Patanè.
Di fatto, la Cassazione ha confermato quanto già affermato in primo e secondo grado. Per il tribunale non è stata provata la titolarità dei diritti di proprietà intellettuale del software SICVe da parte di Autostrade.
Ora Autostrade dovrà accordarsi con l’imprenditore di Latina
Questa sentenza segna una tappa importante in un contenzioso che dura da oltre un decennio. Una sentenza che tocca temi chiave come la proprietà intellettuale nell’ambito dei contratti di appalto e la prova della titolarità dei diritti sui software.
Resta ora da vedere se e come proseguirà l’eventuale contenzioso da parte di Alessandro Patanè e delle società a lui collegate, le quali nel corso del giudizio avevano rivendicato i propri diritti e contestato duramente l’utilizzo, da parte di Autostrade, di un software che – a loro dire – non sarebbe mai stato regolarmente acquisito.
Difficile pensare che la società Autostrade voglia continuare il contenzioso nelle aule di tribunale per contestare la proprietà intellettuale.
È più probabile che le parti si siedano a un tavolo per cercare un accordo. Anche se proprio il fallimento di un accordo aveva innescato la lunga trafila giudiziaria.
Certamente l’imprenditore di Latina presenterà ora la richiesta di un maxi risarcimento. Ma senza un accordo tra le parti, se la questione dovesse finire di nuovo in tribunale, si prevedono tempi lunghi, vista la velocità della giustizia italiana.
Il “Tutor”, nel frattempo, continua a vigilare sulle strade italiane.
Quella ‘dimenticanza’ nel sistema Tutor
Il sistema Tutor regola la velocità media delle auto prevalentemente su autostrade, ma viene usato anche su strade a grande scorrimento.
Uno dei principali problemi che si trovano ad affrontare gli automobilisti quando si trovano sotto l’occhio vigile del Tutor è dovuto ad una ‘dimenticanza’ nel Codice della strada.
Quando infatti gli automobilisti vengono avvisati che si entra in area sottoposta al controllo del sistema Tutor, manca l’obbligo di esporre il cartello che indichi quale velocità media massima vige in quel tratto controllato.
Prendiamo ad esempio il tratto autostradale della A1 sull’Appennino, tra Toscana e Emilia. Qui la velocità massima consentita cambia continuamente, tra lunghi rettilinei, gallerie, zone più pericolose, ecc…
Con questo continuo cambio del limite di velocità massima, quanto si arriva in area Tutor quasi sempre non si è sicuri di quale sia il limite di velocità vigente in quel punto.
E percorrendo il tratto sotto tutoraggio accade anche che non vi sia una indicazione del limite di velocità per decine e decine di chilometri.
Accade così che, come succede anche per gli autovelox, l’automobilista indeciso sul limite in vigore rallenti enormemente, molto più del dovuto, creando anche pericoli alla circolazione.
Per eliminare questi pericoli, basterebbe che il Codice della strada prescrivesse che ogni impianto di Tutor o anche di autovelox debba essere obbligato ad esporre la velocità a cui è tarato.
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