Una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha segnato una piccola ma significativa battuta d’arresto per il Ministero della Cultura.
Il ricorso contro il decreto ministeriale che aveva imposto un vincolo paesaggistico sull’area dei Castelli Romani, in un’area ricompresa tra i Comune di Marino, Albano e Castel Gandolfo, nel cuore della “Campagna Romana tra la Via Nettunense e l’Agro Romano”, ha ottenuto parziale accoglimento.
In particolare, il vincolo, originariamente esteso anche su un fondo agricolo situato nel Comune di Marino, in zona Santa Maria delle Mole, è stato ridotto.
Secondo i giudici, il Ministero non ha giustificato in modo coerente la disparità di trattamento tra terreni contigui, tutti situati in prossimità del nucleo edilizio di Colle Granato.
Il vincolo dei Castelli Romani subirà una piccola riduzione
Il decreto impugnato, pubblicato nel 2020, aveva dichiarato l’intera zona come “Paesaggio Agrario di rilevante valore”, imponendo un vincolo che limitava fortemente qualsiasi trasformazione del territorio. Tuttavia, non tutti i terreni inclusi nel perimetro hanno ricevuto la stessa valutazione.
Alcuni lotti sono stati esclusi dal Ministero dalla classificazione più restrittiva e inseriti in una zona a tutela attenuata, come “Paesaggio Agrario di Continuità”. Sono lotti di proprietà di due vicini del ricorrente, analoghi per posizione e caratteristiche a quello del ricorrente stesso,
Altri, tra cui quello al centro del ricorso, sono rimasti sottoposti alla tutela più stringente.
Una scelta che il TAR ha giudicato incoerente e priva di una motivazione valida, accogliendo la richiesta di declassamento limitatamente a quella specifica porzione.
A Marino lo scontro sul vincolo tra Stato e interessi locali
La sentenza del Tribunale Amministrativo riporta l’attenzione sull’annosa questione del rapporto tra tutela ambientale e proprietà privata.
La zona interessata è ricca di paesaggi agrari storici, ma anche soggetta a forti pressioni urbanistiche. Proprio per questo, negli anni è stata al centro di numerosi interventi normativi e procedurali.
In questo contesto, il Ministero ha ritenuto necessario imporre un vincolo per tutelare l’integrità del paesaggio, ma ha incontrato l’opposizione di diversi proprietari.
La decisione del TAR evidenzia come non basti dichiarare un interesse pubblico per giustificare ogni scelta amministrativa: la coerenza e l’equità del provvedimento restano requisiti imprescindibili.
Il vincolo del Ministero prevale sul Piano della Regione
Un aspetto centrale della vicenda riguarda il rapporto tra il vincolo imposto dallo Stato e il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) approvato dalla Regione Lazio.
I ricorrenti hanno contestato che il vincolo ministeriale modificasse di fatto il piano paesaggistico, in violazione del principio di leale collaborazione tra enti.
Il TAR, tuttavia, ha chiarito che la normativa nazionale attribuisce allo Stato un ruolo primario nella tutela del paesaggio, anche a discapito delle pianificazioni regionali.
La sentenza ha ribadito il principio secondo cui il vincolo ministeriale ha prevalenza e deve essere recepito nel PTPR, lasciando alla Regione solo un potere di integrazione, non di contraddizione.
Una vittoria parziale, ma simbolica
La sentenza non cancella il vincolo su tutta l’area.
La decisione dei giudici segna, comunque, un precedente rilevante per chi, nei territori soggetti a tutela paesaggistica, si trova a fare i conti con decisioni amministrative percepite come arbitrarie.
Il Tribunale Amministrativo ha rigettato la maggior parte delle censure sollevate contro il decreto. Ma non tutte. Ha infatti accolto quella che denunciava una disparità di trattamento tra fondi agricoli identici sotto il profilo urbanistico.
La conseguenza diretta è appunto la riduzione di una (piccola) parte del territorio dei Castelli Romani soggetti al vincolo del Ministero della Cultura nei pressi di Santa Maria delle Mole.
Un richiamo netto alla necessità di criteri oggettivi e coerenti nell’esercizio del potere vincolante.
Una piccola crepa, forse, nel muro della tutela, ma sufficiente a riaccendere il dibattito su come, e per chi, viene esercitato il potere di proteggere il paesaggio.
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