Il ricorso, pendente dal 2021, mirava a contestare l’archiviazione (ossia il respingimento) della richiesta di riconversione dell’impianto TMB (Trattamento Meccanico Biologico) della discarica di Albano Laziale.
Il progetto di riavvio della discarica di Albano, presentato dopo anni di silenzio seguiti a un devastante incendio che ha colpito il TMB della discarica stessa il 30 giugno 2016, puntava a trasformare l’ex impianto in due nuove strutture.
Un impianto a biogas da 120.000 tonnellate e un impianto multimateriale da 70.000 tonnellate. Ma il procedimento di autorizzazione – noto come PAUR (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale) – era stato ‘archiviato’ – ossia fermato dalla Regione Lazio con determinazione n. G03948 del 12 aprile 2021.
La rinuncia: data chiave il 10 marzo 2025
La svolta arriva il 10 marzo 2025, quando la stessa C.V. S.r.l. ha ufficialmente dichiarato la “sopravvenuta carenza di interesse” alla decisione di merito sul ricorso, chiedendo la compensazione delle spese di giudizio.
Una mossa che il TAR ha accolto, pronunciandosi il 26 maggio sull’improcedibilità del caso.
Questa rinuncia rappresenta un punto fermo: la discarica di Albano non tornerà operativa. Almeno, non per il momento.
Un epilogo che chiude, almeno dal punto di vista giudiziario, un iter iniziato nel 2019, quando la Regione Lazio autorizzò due subaffitti aziendali, dopo aver spacchettato un’autorizzazione originaria unica concessa alla Pontina Ambiente S.r.l., parte del gruppo Cerroni, sui cui pendevano tre interdittive antimafia.
L’incendio, le autorizzazioni, il ripensamento
La svolta più significativa era già arrivata nell’ottobre 2024, quando la Regione Lazio aveva bollato quelle autorizzazioni del 2019 come “contagiate da interdittiva antimafia”. Una valutazione pesante, che ha inciso profondamente sull’esito dell’intera vicenda.
Il motivo? Secondo la Regione Lazio, anche i due subaffittuari erano riconducibili agli stessi profili critici.
Alle origini di tutto, c’è l’incendio del 30 giugno 2016, che distrusse il TMB e ne compromise definitivamente la funzionalità.
Per anni sul sito è poi calato il silenzio. Solo nel 2020, con il progetto iscritto al Registro Elenco Progetti della Regione Lazio (n. 101/2020), C. ha tentato di riavviare l’impianto, presentando una richiesta per l’economia circolare con recupero di compost, biometano e CO₂.
Ma le richieste di chiarimento della Regione Lazio, inviate tra gennaio e aprile 2021, sono rimaste senza esiti soddisfacenti.
La querela a Il Caffè resta in piedi
Se la battaglia giudiziaria per la riapertura della discarica si è chiusa, non è finita quella contro la stampa libera.
I subaffittuari rinunciano al ricorso al TAR, ma non alla querela contro il nostro giornale datata 2021. La prossima udienza è fissata al Tribunale di Latina per ottobre 2025.
Sarà un processo anche e soprattutto sulla libertà di stampa e sul diritto-dovere di informare i cittadini con la verità dei fatti su vicende di interesse pubblico, come quella della gestione dei rifiuti in uno dei territori più martoriati del Lazio dal punto di vista ambientale.
Ogni attacco alla nostra libertà e indipendenza aumenta la nostra determinazione.
Noi continueremo a vigilare. E continueremo a informarvi.
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