Marco, di Lanuvio, si crea il lavoro ad Anzio
Marco abita a Lanuvio, in località Bellavista, e lavora ad Anzio presso il Centro commerciale Lo Zodiaco.
La sua giornata inizia alle 7:30 della mattina, poi il viaggio coi mezzi pubblici, la lunga giornata di lavoro ad Anzio e il ritorno a casa, intorno alle 21:30. Questa routine per 7 giorni su 7 senza alcuna interruzione.
È il destino di chi ha una propria attività e lavora con una partita Iva: non esistono giorni festivi, pause, ferie, permessi, malattia,… bisogna lavorare e poi ancora lavorare, altrimenti non si arriva a fine mese.
L’assurda vicenda di Marco è legata alla Naspi, quella che comunemente conosciamo come indennità di disoccupazione. Chi viene licenziato ha diritto per (massimo) 2 anni a un contributo elargito dall’Inps. Sono pochi soldi, ma per una persona che ha perso il lavoro sono come una montagna d’oro.
Marco lavorava come tecnico nel settore hardware (telefonia e computer): sono quelle mani fatate che rimettono in piedi il nostro telefonino quando è moribondo. Terminato un rapporto di lavoro a Marco spettava la Naspi, appunto l’indennità di disoccupazione.
Il 33enne ha iniziato a percepire la Naspi a gennaio di quest’anno. Ma Marco non è il tipo a cui piace stare con le mani in mano, anzi quelle mani (fatate) vuole metterle all’opera. E così decide di aprire una sua attività di riparazioni per telefonini e computer.
Ma per avviare un’attività ci vogliono i soldi, non pochi. E Marco di soldi da investire non ne ha.
Decide allora di appoggiarsi a un noto marchio di franchising nazionale, quello di Pit Phone, un modo per avere un supporto soprattutto nel periodo dell’avviamento. Apre il suo punto presso il Centro commerciale Lo Zodiaco ad Anzio.
Ma a questo punto avviene l’incredibile cortocircuito.
L’Inps blocca la Naspi
Lo Stato, con una legge intelligente, invoglia qualunque disoccupato, ad avviare una propria attività, offrendosi di anticipare subito tutti i soldi della Naspi, quelli che gli sarebbero spettati in circa due anni. Si chiama “Naspi anticipata”, ma più che un’opportunità per Marco è diventata una trappola che lo ha portato ormai alla disperazione.
Marco, infatti, avvia l’attività e presenta la sua domanda di Naspi anticipata il 18 marzo 2025. Invece però di avere quei soldi a sua disposizione, che gli servono per avviare l’attività, si ritrova in una situazione assurda.
L’Inps non solo non gli eroga la Naspi anticipata, ma gli blocca pure la rata mensile che gli spetta per legge!
Sono soldi suoi. L’Inps dovrebbe solo erogarli e invece li trattiene.
Risultato: Marco si ritrova totalmente privo di aiuti economici proprio nel momento dell’avvio della sua attività, cioè del maggior bisogno, e non sa come coprire le spese di avviamento. Da 70 giorni l’Inps non risponde ai suoi appelli.
Lui lavora sodo, anche 14 ore al giorno, 7 giorni su 7, ma i soldi che incassa non bastano per coprire le spese di avviamento, che sono grandi e che bisogna aggiungere alle spese correnti: l’affitto dei locali, la quota di franchising, il materiale da acquistare, le bollette…
Marco naturalmente sollecita l’Inps a dargli quantomeno una risposta, ma l’elefantiaco Ente di previdenza tace, poi ipotizza che manchi della documentazione nella domanda, poi si ricrede, ma continua a non chiarire e soprattutto a non pagare. Marco è certo che la domanda sia stata presentata nella giusta maniera.
Nessuno gli chiarisce perché l’Inps abbia smesso di dargli la Naspi mensile e contemporaneamente non gli riconosca nemmeno la Naspi anticipata.
L’Inps tace. Marco lancia l’appello
Marco ora è in difficoltà estrema anche con le spese personali: le bollette di casa, il mangiare, i soldi per i mezzi pubblici (perché non si può certo permettere di avere un’automobile).
Ha deciso quindi di lanciare il suo “appello agonizzante”, come lo chiama lui, sperando che qualcuno all’Inps capisca che non si può giocare così con la vita delle persone.
A questo punto ha scritto una lettera che noi vi riportiamo interamente, sperando che questa pubblica denuncia possa far rinsavire qualcuno che siede dietro una scrivania in quell’Ente che dovrebbe aiutare le persone, non mandarle per strada.
Gentile Direttore,
Le scrivo con il cuore in gola, spinto dalla disperazione di una situazione che non è solo mia, ma il grido silenzioso di innumerevoli cittadini traditi dalle promesse di un’istituzione che dovrebbe sostenerli.
Questa non è solo una lettera, è un appello agonizzante, un grido di dolore contro l’inefficienza e la burocrazia cieca dell’INPS.
Il 18 marzo 2025, con speranza e fiducia, ho presentato regolare domanda per la NASpI in forma anticipata. Era il mio faro, la mia unica speranza per un futuro dignitoso. Ma oggi, 27 maggio, sono passati 70 giorni, e la mia speranza è stata calpestata.
Settanta giorni di silenzio assordante, settanta giorni di attesa straziante, senza alcuna risposta ufficiale, senza un centesimo di quel sostegno vitale. L’unica “risposta” è stata un’odissea di informazioni contrastanti, di promesse vuote, di rimpalli che mi hanno lasciato più solo e disorientato di prima.
L’unico contatto, un miraggio di chiarezza, è avvenuto il 13 maggio con la sede INPS di Bracciano. Mi è stato detto che avrei avuto una risposta entro 7-10 giorni, che la domanda era sospesa per mancanza di documentazione. Una bugia. Una menzogna smentita dagli stessi operatori che, con imbarazzo, hanno ammesso la verità: nessun documento mancante, solo un blocco interno dei sistemi. Un’ammissione che suona come una condanna, una scusa burocratica che sta distruggendo la mia vita.
Nel frattempo, la mia esistenza è diventata un inferno quotidiano. Ho avviato da pochi mesi la mia attività, un sogno coltivato con sacrifici inimmaginabili. E, miracolosamente, il mio negozio sta provando a tenere la testa fuori dall’acqua, coprendo le spese aziendali.
Ma la NASpI, quella promessa d’aiuto, doveva coprire le mie spese personali: l’affitto che incombe come una spada di Damocle, le bollette che si accumulano, la spesa quotidiana che diventa un lusso, la carta di credito che piange, la rata del finanziamento che mi ha permesso di avviare tutto.
Ogni mattina mi sveglio con un pugno nello stomaco, con l’angoscia che mi stringe la gola, costretto a scegliere tra mangiare e pagare le spese del negozio. Lavoro 7 giorni su 7, senza un attimo di respiro, dedicando ogni energia al mio progetto.
E dal 1° maggio, la mia odissea è diventata un calvario: senza auto, dopo 11 ore passate a lottare per il mio sogno in negozio, sono costretto a camminare 3,5 km a piedi per raggiungere la stazione del treno, sia all’alba che a tarda sera, ogni singola domenica.
È un’umiliazione, una crudeltà inaudita vedere i miei sforzi, il mio coraggio, la mia dignità calpestati da un’istituzione che mi abbandona nel momento del bisogno.
Come se non bastasse, questa agonia sta minando anche la mia salute. Un anno fa, ho subito un mini bypass bariatrico, perdendo 45 kg e riconquistando una speranza di vita.
Oggi, a causa di questa attesa estenuante e della necessità di mangiare in economia, tra il nervosismo e l’alimentazione inadeguata, ho già ripreso almeno 10 kg. Il mio corpo, come il mio spirito, sta pagando il prezzo di questa incomprensibile inerzia.
Non ho parenti prossimi su cui contare. Sono rimasto orfano di madre a soli 3 anni e di padre a 19. Ho solo una sorella che, con tre figli a carico, naviga a vista e non ha la possibilità di aiutarmi economicamente. Sono solo, con le spalle al muro, e questa attesa sta erodendo anche l’ultima briciola di serenità.
Non solo la mia vita personale è in frantumi: il mancato pagamento della NASpI mi sta strangolando anche professionalmente, bloccando la crescita stessa della mia attività.
Ogni giorno mi arrivano richieste di pellicole protettive per telefoni, ma non posso acquistare il macchinario necessario – circa 400 euro – perché ogni singolo euro è dirottato a coprire le spese personali che l’INPS avrebbe dovuto aiutarmi a sostenere. Finché non mi viene liquidata la somma che mi spetta, sono incatenato, incapace di migliorare, di espandermi, di respirare.
Voglio ricordare, con la voce rotta dalla rabbia e dalla disperazione, che la NASpI anticipata è stata proposta dallo Stato stesso, non come un’elemosina, ma come un trampolino di lancio, un segno di fiducia per chi, come me, ha il coraggio di rimettersi in gioco in un Paese dove la disoccupazione è una piaga aperta.
È uno strumento utile, sì, ma se chi dovrebbe erogarlo non rispetta i tempi e non dà risposte, diventa solo un’illusione crudele, una beffa che rischia di trasformarsi in un peso insopportabile per chi cerca disperatamente di rialzarsi. Invece di essere un trampolino di lancio verso un futuro migliore, questa NASpI si è trasformata in un’ancora pesantissima, che mi sta trascinando a fondo, minacciando di farmi affondare prima ancora di avere la possibilità di iniziare.
Scrivo questa lettera non solo per chiedere attenzione, ma per esigere rispetto. Non per me solo, ma per tutti coloro che ogni giorno, con sacrificio, coraggio e un barlume di speranza, provano a costruirsi un futuro.
Chiedo all’INPS, con la voce che mi resta: quando mi liquidate? Quando la mia sofferenza avrà fine? E quando darete risposte chiare, oneste e celeri a tutti i cittadini che, come me, sono appesi a un filo, in attesa di ciò che spetta loro per diritto?
Spero, con tutta l’anima, che la mia storia possa squarciare il velo su un problema più ampio, un’ingiustizia che affligge migliaia di neo-imprenditori in Italia, e che questo grido disperato possa finalmente spingere a un’azione concreta e immediata.
Cordiali saluti,
Marco Dorascenzi – Tel. 3533508730
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