Gino Cecchettin è il padre di Giulia, la ragazza di 22 anni brutalmente uccisa a novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta.
Dopo la morte della figlia, Gino Cecchettin ha dato vita alla Fondazione Giulia Cecchettin, dedicata alla memoria della figlia e impegnata verso l’inclusione e la lotta contro la violenza di genere.
Frutto del suo impegno per tenere viva la memoria della figlia, e soprattutto per sensibilizzare sul triste fenomeno della violenza di genere, è anche il libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”.
Gino Cecchettin a Grottaferrata per la rassegna “BASTA…! Un anno di riflessioni contro la violenza di genere”
Gino Cecchettin sarà l’ospite d’onore dell’incontro previsto per lunedì 2 giugno 2025 a Grottaferrata, nell’ambito della rassegna “BASTA…! Un anno di riflessioni contro la violenza di genere”.
L’evento si terrà alle ore 16:00 presso il piazzale antistante alla Casa Comunale ed è aperto al pubblico.
Proprio davanti la Casa Comunale di Grottaferrata è installata “La violenza è una gabbia”, l’opera monumentale dell’artista Anna Izzo, simbolo dell’impegno della città contro la violenza di genere.
La rassegna “BASTA…!” ha coinvolto negli ultimi mesi numerose voci istituzionali e culturali di rilievo nazionale. È stata fortemente voluta e promossa dall’Assessora alle Pari Opportunità, Paola Franzoso, che ha dichiarato:
«È per noi un onore poter accogliere il papà di Giulia, una giovane vittima di questo male contemporaneo a cui tutti noi ci stringiamo con affetto. Il suo coraggio e la sua voce sono oggi un faro per tante coscienze».
Gino Cecchettin a Grottaferrata visiterà la casa di accoglienza “Casa di Giulia”
A dare il benvenuto a Gino Cecchettin sarà il Sindaco di Grottaferrata, Mirko Di Bernardo. Sarà presente all’evento anche il Sindaco di Vigonovo, Luca Martello, città d’origine della famiglia Cecchettin.
Nel corso della giornata, Cecchettin visiterà in forma privata la “Casa di Giulia”, la casa di accoglienza per donne vittime di violenza presente sul territorio comunale. Si tratta di uno spazio sicuro e protetto, nato proprio con l’obiettivo di offrire sostegno concreto e dignità a chi ha vissuto situazioni di abuso e oppressione.
Ha dichiarato il sindaco Di Bernardo:
«Questo male che attanaglia la nostra società può essere affrontato e superato solo attraverso un profondo esercizio collettivo di cultura: la cultura dell’ascolto, del rispetto e della relazione. Grottaferrata è da tempo impegnata su questo fronte e continuerà a esserlo con determinazione».
Grottaferrata: un anno di riflessioni per dire BASTA alla violenza sulle donne
Il progetto del Comune di Grottaferrata per sensibilizzare sulla violenza di genere si chiama “BASTA…! Un anno di riflessioni, pensieri e azioni per l’eliminazione della violenza contro le donne e per il futuro dei loro figli”.
Ha preso avvio il 7 marzo 2025 con l’inaugurazione della scultura monumentale “La violenza è una gabbia”, dell’artista Anna Izzo.
L’opera, di forte impatto visivo, è stata appositamente collocata accanto alla Casa Comunale per dimostrare quanto sia deciso e importante l’impegno dell’amministrazione di Grottaferrata sul tema.
Si tratta di un’opera monumentale ad alto impatto emotivo, raffigurante una enorme gabbia di acciaio all’interno della quale sono racchiuse due scarpette rosse, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne.
L’opera sarà installata in Piazza Eugenio Conti dal 1° marzo 2025 all’8 gennaio 2026.
Per tutto il 2025, nell’ambito del progetto “BASTA…!” la città di Grottaferrata ospiterà eventi culturali e personaggi legati al mondo dell’Arte, della Cultura e dello Spettacolo per sensibilizzare la cittadinanza sul tema della violenza di genere.
Si inserisce in questo percorso di riflessione attuato dal Comune di Grottaferrata l’incontro del 2 giugno con Gino Cecchettin.
Leggi anche: Castel Gandolfo epicentro regionale contro la violenza di genere: “Case Rifugio, Centri e progetti per 3 milioni”
Femminicidi: bisogna liberarsi della cultura del possesso
L’ondata di profonda indignazione e dolore che ha percorso tutta la penisola per l’omicidio di Giulia Cecchettin non ha certo impedito il verificarsi di un nuovo brutale femminicidio.
Questi ultimi giorni l’Italia è sconvolta dall’uccisone ad Afragola di Martina Carbonaro, di appena 14 anni, per mano dell’ex fidanzato 18enne, Alessio Tucci.
Ancora una volta una donna vittima di un uomo che non ha accettato un no.
L’indignazione non basta. C’è bisogno di una rivoluzione culturale.
“Quante ragazze, quante donne dobbiamo ancora piangere prima che alle parole seguano fatti concreti e incisivi? Vogliamo ragazze libere e vive. Libere dalla cultura del possesso”.
Sono queste le parole di Claudia Pratelli, assessora alla Scuola, Formazione e Lavoro di Roma Capitale, all’indomani della morte di Martina Carbonaro.
Le leggi da sole non bastano, prosegue Pratelli:
“Serve educazione sessuo-affettiva subito, nelle scuole, obbligatoria e nell’orario di lezione. Non c’è nessuna legge tanto severa da rappresentare un deterrente ad una violenza che ha alla base una cultura di possesso, sottomissione, controllo. È assolutamente necessario agire con la prevenzione e le leve educative, le uniche davvero orientate a scardinare la cultura da cui tutto questo ha origine”.
La responsabilità dei media e del linguaggio con cui si racconta la violenza di genere
Anche l’informazione ha la responsabilità di contribuire a modificare la cultura del possesso, raccontando i la violenza di genere con un linguaggio che non colpevolizzi le vittime e giustifichi i carnefici.
Fin tanto che le vittime in qualche modo “se la sono cercata” e i carnefici sono “bravi ragazzi in preda ad un raptus”, come troppo spesso si legge, la strada sarà ancora lunga.
“Non possiamo più accettare che l’orrore venga raccontato come se fosse una storia d’amore.”
Lo dichiara l’Assessora alle Attività Produttive e Pari Opportunità di Roma Capitale Monica Lucarelli.
“È un delitto, non un dramma sentimentale. È un abuso. È un femminicidio. E dobbiamo smetterla di raccontarlo in un altro modo e permettere che venga utilizzato un linguaggio sporco, anestetizzato, connivente. Perché ogni parola sbagliata è una ferita in più, verso la società. È una mano tesa verso l’assassino, non verso la vittima”.
Il linguaggio è importante. È anche attraverso il linguaggio che si scardina una mentalità.
Conclude Lucarelli:
“Basta romanticizzare l’orrore. Basta raccontare la violenza con leggerezza. Basta proteggere i carnefici con il vocabolario”.