Una storia che termina con una sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato le precedenti decisioni giudiziarie, per cui il Comune di Nettuno non potrà recuperare alcuna somma.
La Suprema Corte ha stabilito che un accordo stipulato tra l’ente e un privato per il trasferimento di un terreno non era un atto di diritto pubblico legato a una procedura di esproprio, ma una vera e propria compravendita di diritto privato.
Questa interpretazione si traduce in un conto salato per le casse comunali: oltre 880 mila euro, a cui si aggiungeranno interessi e spese legali. Tutti soldi già pagati, che però il Comune di Nettuno sperava di recupeare almeno in parte.
Nettuno, terreno al Comune: vendita o esproprio?
La controversia, che si trascina da anni, ha origine da un atto di precetto notificato al Comune di Nettuno nel 2009 per il pagamento di una somma superiore a 881.000 euro. Tale importo era dovuto in forza di una scrittura privata autenticata nel 2008.
L’accordo riguardava la cessione al Comune di Nettuno di un terreno di circa 13.000 mq che, sebbene destinato a edilizia economico-popolare, era stato occupato d’urgenza e irreversibilmente trasformato senza che fosse mai stato emesso un decreto di esproprio formale.
Il Comune di Nettuno si era opposto al pagamento, sostenendo che al momento della firma dell’accordo la procedura espropriativa fosse ancora attiva.
L’ente riteneva che la scrittura dovesse essere inquadrata nel diritto pubblico e che il valore del terreno dovesse sottostare ai parametri legali previsti per le indennità di esproprio.
In buona sostanza in Tribunale il Comune di Nettuno ha sostenuto che per quel terreno doveva pagare un importo inferiore, basato sulla normativa pubblicistica, piuttosto che il prezzo pattuito liberamente nell’accordo.
Sia il Tribunale di Velletri che la Corte d’Appello di Roma, tuttavia, hanno respinto le argomentazioni comunali.
I giudici di merito hanno concordemente interpretato l’accordo del 2008 come un contratto di diritto privato, configurabile come una compravendita.
La Corte d’Appello, in particolare, aveva evidenziato come il prezzo fosse stato liberamente concordato tra le parti, definendo l’atto come il frutto di una “decisione libera e consapevole” e non come un semplice adempimento di una procedura espropriativa.
Bocciaot dal Tribunale il Comune di Nettuno
Il Comune di Nettuno ha tentato l’ultima carta con il ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta omessa pronuncia su specifici motivi di appello e l’errata applicazione di norme sull’esproprio.
Ha insistito sulla natura pubblicistica dell’atto, contestando anche la misura di un’indennità aggiuntiva che riteneva spropositata.
La Suprema Corte di Cassazione, esaminando tutti gli elementi, ha confermato la linea dei giudici di merito.
La Cassazione ha infatti ritenuto infondate le accuse di omessa pronuncia, chiarendo che la Corte d’Appello aveva correttamente inquadrato l’accordo come una compravendita privata, rendendo irrilevante la pendenza della procedura espropriativa.
Ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso che presupponevano l’applicazione delle norme sull’esproprio, dato che il Comune di Nettuno stesso aveva ammesso che l’acquisizione del terreno era avvenuta a seguito di un’occupazione “di mero fatto” e non attraverso una legittima procedura ablatoria.
La decisione della Cassazione si traduce in una ‘delusione’ finanziaria per il Comune di Nettuno, che ora non potrà recuperare parte del pagamento di € 881.758,06, oltre al pagamento delle spese legali sostenute dalla controparte nei tre gradi di giudizio.
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