Tutto inizia nel 2016, quando il signor P. decide di ristrutturare un immobile di sua proprietà situato in via Antonio Gramsci, risalente al 1959 e acquistato nel 2002, per trasformarlo da negozio commerciale a bottega artigiana.
L’operazione avviene secondo le regole. Il proprietario presenta due SCIA (Segnalazioni Certificate di Inizio Attività) al Comune di Grottaferrata, rispettivamente in data 26 febbraio 2016 e 27 aprile 2016, per ristrutturare e mutare la destinazione d’uso dell’immobile.
Tuttavia, il Comune di Grottaferrata qualifica l’intervento come ristrutturazione edilizia e, con provvedimento del 26 maggio 2016, impone il pagamento integrale degli oneri di urbanizzazione: ben 9.083,90 euro.
Quindi, il Comune di Grottaferrata anziché agevolare la riconversione del negozio, decide di renderla più difficile, imponendo un tributo pesante.
Grottaferrata, da negozio a bottega artigiana: oneri dovuti?
L’intera questione ruota attorno a un principio fondamentale della normativa urbanistica:
gli oneri di urbanizzazione devono essere proporzionali al carico urbanistico effettivo derivante dalla trasformazione edilizia.
Nel caso specifico, però, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, a cui si è rivolto l’artigiano, il Comune di Grottaferrata non avrebbe rispettato questo criterio.
Il cambio da commerciale ad artigianale, infatti, non comportava alcun aggravio urbanistico rilevante, e quindi non avrebbe dovuto generare nuovi oneri.
La normativa – in particolare la legge Bucalossi del 1977 e la legge regionale del Lazio n. 35/1977 – è chiara: nei casi di mutamento di destinazione d’uso, va effettuato un semplice conguaglio tra gli oneri dovuti per la destinazione precedente e quelli previsti per la nuova.
Nel caso in questione, però, la destinazione originaria e quella nuova rientravano entrambe nelle stesse tabelle parametriche comunali, senza alcuna differenza nei valori. In altre parole, non vi era alcun “salto” urbanistico da giustificare un esborso economico.
Le risposte del Comune non convincono il Tribunale
Alla richiesta del Tribunale, il Comune di Grottaferrata ha risposto solo nel mese di aprile 2025, dopo una serie di sollecitazioni formali, ma senza portare argomentazioni tecniche convincenti.
Nella relazione istruttoria, ha parlato di un aggravio “presumibile”, senza però fornire alcuna prova concreta né differenziali di calcolo attendibili. Un approccio giudicato dal TAR insufficiente e approssimativo.
L’amministrazione comunale ha persino applicato per analogia la tabella B prevista per le costruzioni turistiche, commerciali e direzionali, benché l’immobile in questione fosse stato convertito a uso artigianale. Un’applicazione generica e arbitraria, che ha contribuito alla decisione del Tribunale.
Il Comune di Grottaferrata dovrà restituire la somma all’artigiano
Il Tribunale ha emesso una sentenza che fa chiarezza: il contributo imposto da Grottaferrata all’artigiano non era legittimo. L’onere doveva essere calcolato solo per differenza, e, data l’assenza di aggravio, nulla era dovuto.
In virtù di ciò, il TAR ha ordinato la restituzione dell’intero importo versato, condannando l’Amministrazione alla restituzione dei 9.083,90 euro incassati indebitamente.
Nessuna sanzione accessoria né spese processuali a carico del Comune, vista la complessità della materia trattata. Le spese, infatti, sono state compensate.
Il caso di Grottaferrata apre interrogativi più ampi
La vicenda mette in discussione la trasparenza e l’equità dell’applicazione degli oneri di urbanizzazione, soprattutto in piccoli Comuni dove spesso mancano strumenti tecnici adeguati a valutare il reale impatto urbanistico degli interventi edilizi.
L’assenza di tabelle parametriche aggiornate per le destinazioni artigianali, nel caso di Grottaferrata, ha favorito un’applicazione estensiva e indebita delle norme.
Ma il messaggio più forte della sentenza riguarda la retroattività: non si possono imporre oneri su immobili costruiti in epoche in cui non vigeva alcuna disciplina concessoria. È un principio giuridico ormai consolidato, ribadito anche da diverse sentenze del Consiglio di Stato negli ultimi anni.
Non bisognerebbe arrivare in Tribunale
Con questa decisione, il Tar ha segnato un punto fermo contro l’abuso delle imposizioni tributarie comunali prive di giustificazione concreta. Un ammonimento per le amministrazioni locali a rispettare il quadro normativo e tecnico, evitando scorciatoie o interpretazioni arbitrarie.
Il cittadino, nel frattempo, ha visto riconosciuto il proprio diritto. Ma resta il dubbio: quanti casi simili si nascondono dietro l’apparente regolarità delle pratiche edilizie nei piccoli Comuni italiani?
Il Comune di Grottaferrata ha facoltà di ricorrere in secondo grado, al Consiglio di Stato, contro tale sentenza. Ma sinceramente (a nostro giudizio) se lo facesse sarebbe solo ingiustificato accanimento.
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