Il motivo? La domanda di condono fu presentata con due anni di ritardo rispetto ai termini fissati dalla legge.
La storia ha inizio nel 2001, quando una coppia prende possesso di un terreno di oltre 15.000 metri quadrati a Nettuno, in località Verdiana. Su quel terreno, edificano una casa per il proprio nucleo familiare, completandola con allacci e servizi.
La richiesta di condono… in ritardo
Nel 2007, sei anni dopo l’edificazione, il proprietario presenta un’istanza di condono edilizio ai sensi della legge 326/2003. Tuttavia, quella legge fissava il termine per presentare la domanda al 10 dicembre 2004.
Nonostante ciò, il Comune di Nettuno non risponde alla richiesta di condono fino al 2018, quando rigetta formalmente l’istanza. Seguono l’ingiunzione a demolire l’immobile e il ricorso dei proprietari al TAR.
I proprietari argomentano infatti che, nel frattempo, si sarebbe formato il cosiddetto “silenzio assenso” da parte dell’amministrazione di Nettuno, ossia l’accettazione tacita della domanda di condono a seguito del mancato riscontro entro un determinato termine.
Perché il silenzio assenso in questo caso non conta
Ma i giudici hanno dato torto ai ricorrenti. La motivazione è semplice: il silenzio assenso può valere solo se la domanda è legittimamente presentata, cioè entro i termini di legge. “Non basta che l’amministrazione non risponda – scrive il TAR – per far valere il silenzio assenso: servono tutti i presupposti, incluso il rispetto delle scadenze.”
Intanto l’avvocato è morto
Non solo. Il Tribunale ha anche dichiarato improcedibile parte del ricorso, poiché uno dei due proprietari (il marito) non ha proseguito il procedimento dopo l’interruzione automatica seguita al decesso del suo avvocato difensore.
La moglie ha tentato di portare avanti da sola l’azione legale, ma il TAR ha chiarito che in questi casi occorre una ripresa formale del processo da parte di tutti gli interessati.
La sentenza si conclude con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese legali, per un totale di 1.500 euro oltre IVA e contributi accessori.
In sintesi, la giustizia amministrativa ha stabilito che non si può ottenere un condono edilizio tardivo confidando nell’inerzia del Comune.
La legge è chiara: oltre i termini, anche il silenzio dell’amministrazione non può sanare ciò che è illegittimo all’origine.
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