Con una sentenza pubblicata in questi giorni, il TAR del Lazio ha respinto il ricorso presentato da un Appuntato Scelto dell’Arma dei Carabinieri di Anzio, confermando la legittimità del provvedimento con cui il Ministero della Difesa aveva disposto nei suoi confronti la sanzione disciplinare della perdita del grado per motivi disciplinari, la cessazione dal servizio permanente e l’iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano, senza alcun grado.
La sentenza del TAR è piena di <<omissis>> ma si comprende sufficientemente bene il contesto.
Il procedimento disciplinare era stato avviato in seguito al coinvolgimento del militare in un procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Velletri.
I reati contestati erano quelli di detenzione di sostanze stupefacenti, peculato e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.
A fronte di tali fatti, il Comando Generale dell’Arma aveva disposto la sospensione precauzionale dall’impiego. Successivamente il Comandante della Legione Carabinieri Lazio aveva ordinato anche un’inchiesta formale.
Il Carabiniere di Anzio non merita di conservare il grado
A conclusione delle attività istruttorie, la Commissione di Disciplina aveva espresso un giudizio di non meritevolezza della conservazione del grado e, sulla base di tali risultanze, la Direzione Generale del Personale Militare aveva adottato il provvedimento di rimozione.
Il Carabiniere accusato, a questo punto, ha impugnato al TAR del Lazio tutti gli atti del procedimento disciplinare.
Il militare ha sostenuto la lesione del diritto di difesa per l’assenza del proprio legale durante la votazione della Commissione, la nullità del provvedimento per mancanza di firma e la violazione dei termini procedurali previsti dalla normativa.
Il Tribunale ha ritenuto infondate tutte le doglianze.
Il Tribunale boccia il ricorso del Carabiniere di Anzio
In particolare ha chiarito che la normativa vigente prevede la segretezza della fase deliberativa della Commissione di disciplina, escludendo legittimamente la presenza del difensore. L’intervento della difesa deve essere garantito durante la fase istruttoria e non in quella decisionale.
Il TAR ha inoltre rilevato la regolarità formale dell’atto impugnato, firmato digitalmente secondo quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale.
Quanto alla presunta tardività del procedimento, i giudici hanno accertato che non vi sono stati intervalli superiori ai novanta giorni tra un atto e l’altro e che la sequenza procedimentale si è svolta nel rispetto dei termini di legge.
Alla luce di tali accertamenti, il ricorso è stato respinto in toto.
Il TAR del Lazio ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa. Il militare dovrà risarcire duemila euro oltre accessori di legge.
La decisione si inserisce nel quadro della giurisprudenza amministrativa che conferma l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione della condotta dei militari, purché esercitata nel rispetto delle garanzie procedimentali previste dalla legge.
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