Il NO alla sanatoria è arrivato con una sentenza netta del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio.
Il 13 giugno 2025, i giudici amministrativi hanno respinto il ricorso presentato contro la decisione della Soprintendenza che, il 3 gennaio 2022, aveva negato la compatibilità paesaggistica per uno dei due capannoni abusivi costruiti negli anni ’80 lungo via Appia Sud a Velletri.
La storica autofficina di Velletri perde uno dei due capannoni
L’immobile in questione, identificato come capannone F, fa parte di un complesso più ampio in cui sono presenti da decenni attività di riparazione auto molto note nel territorio veliterno.
Il parere sfavorevole alla sanatoria, inizialmente espresso dalla Soprintendenza per l’area metropolitana di Roma, è stato confermato anche dal TAR del Lazio: secondo i giudici quel capannone è un danno per il paesaggio e non potrà essere regolarizzato.
Vincolo paesaggistico, nessuna deroga
La questione ruota intorno alla richiesta di sanatoria edilizia, presentata dal proprietario dei due capannoni addirittura del 1985. Due i fabbricati oggetto della procedura: il capannone D e il capannone F, costruiti abusivamente.
La Soprintendenza aveva espresso parere positivo per la sanatoria solo per il primo, ritenendo invece il secondo incompatibile con la tutela paesaggistica vigente.
Secondo i giudici, il fatto che entrambi sorgano nella stessa area non significa che l’impatto sul paesaggio sia identico.
Il fabbricato F, infatti, si colloca in una posizione più esposta, danneggiando la visuale di un viale alberato considerato bene archeologico lineare. Una presenza ritenuta non solo invasiva, ma aggravante rispetto alle costruzioni preesistenti.
Il capannone sanabile e quello No
La proprietà aveva tentato di dimostrare che l’intero contesto è ormai compromesso da decenni e che il capannone F rappresenta una “goccia nel mare” rispetto al degrado urbanistico già in atto.
Si è fatto riferimento anche alla normativa urbanistica regionale, che consentirebbe ai Comuni di approvare varianti per il recupero degli abusi nei nuclei edilizi.
Tuttavia il Tribunale ha chiarito che tali strumenti non garantiscono automaticamente il condono edilizio e, soprattutto, non possono superare la valutazione negativa in sede paesaggistica.
Anche il fatto che l’altro capannone, il D, abbia ottenuto il via libera non costituisce un precedente valido. Il fabbricato F ha un impatto visivo e ambientale maggiore, che lo rende non sanabile.
Paesaggio archeologico sotto tutela
Secondo la sentenza, le aree soggette a vincolo archeologico e paesaggistico non possono essere ulteriormente compromesse, nemmeno in presenza di edificazioni precedenti.
Anzi, proprio la situazione già alterata impone una maggiore cautela. Il fatto che non siano stati trovati reperti nell’area del capannone F non elimina il vincolo paesaggistico che si estende al contesto circostante.
Questo tipo di tutela, specifica il TAR, mira a salvaguardare l’integrità visiva e ambientale del paesaggio storico, anche laddove i beni archeologici siano solo indirettamente coinvolti.
Nessuna possibilità di regolarizzare
La sentenza segna un punto fermo: la compatibilità paesaggistica non può essere elusa con interpretazioni estensive delle norme urbanistiche.
Anche eventuali migliorie architettoniche o prescrizioni progettuali non sarebbero sufficienti a compensare l’impatto negativo del capannone F, secondo quanto deciso dai giudici.
La posizione sfavorevole della Soprintendenza è stata considerata legittima, fondata e coerente con la normativa vigente, in particolare con il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (P.T.P.R.) approvato il 10 giugno 2021.
Il futuro dell’autofficina in bilico
La bocciatura della sanatoria per uno dei due capannoni mette a rischio la piena operatività dell’officina, che potrebbe essere costretta a rinunciare a parte delle sue strutture.
La sentenza del TAR, infatti, non lascia margini: l’opera è incompatibile con il vincolo paesaggistico e non può essere regolarizzata.
Un colpo pesante per l’attività, ma anche un segnale chiaro sulla linea che le istituzioni intendono seguire in tema di abusivismo edilizio e tutela del paesaggio.
Per i titolari resta la possibilità di fare ricorso, contro la sentenza del TAR, al secondo e ultimo grado della giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato
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