L’uomo, privo di qualsiasi risorsa economica e senza un tetto, era costretto a vivere per strada, in condizioni drammatiche.
La richiesta di accesso al sistema di accoglienza era stata tuttavia inizialmente rigettata dalla Prefettura di Roma con un provvedimento notificato il 3 novembre 2023.
La motivazione: l’indisponibilità di posti nel circuito dell’accoglienza a causa del sovraccarico di arrivi sulle coste siciliane, che aveva portato alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale l’11 aprile 2023, poi prorogata fino al 6 ottobre 2023.
La priorità era stata data ai cosiddetti “Dublinati” (ossia ai richiedenti asilo che, avendo presentato domanda in un paese dell’Unione Europea (UE), sono stati identificati come aventi diritto ad essere rinviati in un altro paese dell’UE, solitamente quello di primo ingresso) e al trasferimento urgente dei migranti dagli hotspot siciliani.
Il risultato: il richiedente era rimasto per mesi senza alcun tipo di assistenza.
Pomezia, il ricorso e la pronuncia del Tribunale
Contro il ‘No’ della Prefettura, il richiedente aveva fatto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio. L’udienza pubblica si è tenuta il 25 giugno 2025 davanti al giudice Roberto Politi.
Il TAR, già con ordinanza del 20 dicembre 2023, aveva accolto la richiesta cautelare dell’uomo, ordinando al Ministero dell’Interno di individuare “una soluzione, anche provvisoria”, idonea a garantire i livelli minimi di assistenza, anche in un’altra provincia se necessario.
Il giudice amministrativo ha evidenziato come la situazione del richiedente integrasse una condizione di alta vulnerabilità incompatibile con la permanenza in strada. L’assenza di accoglienza si configurava come una lesione dei diritti fondamentali riconosciuti anche ai richiedenti protezione.
Il trasferimento a Pomezia
Solo in seguito all’intervento del TAR, la Prefettura di Roma, il 12 febbraio 2024 ha assegnato un posto presso il Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Via Cesare Fiorucci 3, a Pomezia. Una sistemazione temporanea, ma sufficiente a garantire almeno le condizioni minime di dignità.
La sistemazione è arrivata quasi nove mesi dopo la domanda di protezione internazionale, confermando le carenze strutturali del sistema di accoglienza italiano. L’intervento della magistratura è stato necessario per obbligare lo Stato ad adempiere ai propri doveri verso una persona in stato di bisogno.
Pomezia, la sentenza e le implicazioni
Con la sistemazione finalmente ottenuta, il Tribunale ha dichiarato “cessata la materia del contendere”, chiudendo il procedimento con la sentenza del 25 giugno 2025.
Le spese legali sono state compensate tra le parti, riconoscendo che l’intera vicenda si è sviluppata in un contesto emergenziale, ma non privo di responsabilità pubbliche.
Il caso solleva questioni più ampie sull’efficacia del sistema di accoglienza, spesso incapace di rispondere in modo tempestivo e dignitoso alle richieste di aiuto.
Il collasso degli hotspot siciliani, unito all’assenza di un piano strutturato a livello nazionale, continua a produrre situazioni-limite. I migranti fuggiti da guerre e persecuzioni si ritrovano, paradossalmente, a vivere in strada nelle città italiane.
Un caso esemplare, ma non isolato
Quella del cittadino somalo è solo una delle tante storie di chi, fuggendo da contesti di violenza estrema, si imbatte in un’accoglienza fatta di ritardi, rifiuti e burocrazia.
Il ricorso al TAR è diventato uno strumento sempre più utilizzato per forzare le istituzioni ad adempiere a obblighi basilari, come fornire un letto e un pasto.
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