Il colosso della chimica-farmaceutica e dei prodotti d’igiene e medicali, Cantel Medical S.R.L., ha ottenuto il via libera per una sostanziale revisione dei suoi sistemi di scarico.
L’impianto, situato sulla Via Laurentina, potenzia la sua struttura produttiva e con essa, inevitabilmente, i meccanismi di gestione e bonifica dei rifiuti liquidi e gassosi che finiscono nei fossi e in aria.
Una decisione che arriva in un contesto delicato: l’azienda, classificata come industria insalubre di I e II classe, opera a poche centinaia di metri da abitazioni civili, un dettaglio che l’ASL Roma 6 ha messo nero su bianco nel suo parere, seppur non ostativo.
Il procedimento si è comunque chiuso con un assenso implicito su fronti cruciali.
Un potenziamento che coinvolge fossi e cieli di Pomezia
La decisione, arrivata al culmine di un iter avviato nel 2023, svela le ambiziose modifiche richieste dall’azienda, è leader a livello mondiale. Il cuore pulsante delle novità è duplice: da un lato, una revisione delle emissioni in atmosfera e, dall’altro, un potenziamento strategico dell’impianto di depurazione.
La Cantel Medical, produttrice di disinfettanti, detergenti e apparecchi elettromedicali per la prevenzione delle infezioni dei pazienti. L’azienda stessa dichiara che i propri prodotti prodotti “migliorano i risultati e aiutano a salvare vite umane”.
Ora ha ottenuto l’autorizzazione per installare nuovi e più sofisticati sistemi di filtraggio sui due principali punti di emissione (E1 ed E2). Si parla di filtri a tessuto e a carboni attivi, interventi necessari per la modifica delle sostanze utilizzate nel ciclo produttivo.
Questo upgrade tecnologico è un provvedimento atto a contenere gli inquinanti, a riprova della delicatezza delle materie in gioco.
L’azienda dovrà garantire l’efficacia di questi sistemi e, in un passaggio cruciale, dovrà relazionare ogni cinque anni sulla disponibilità e la fattibilità di sostituire le sostanze classificate come cancerogene, tossiche o mutagene che, è stato rilevato, sono attualmente impiegate nel ciclo produttivo.
Lo scarico in Fosso Secco, ‘secco’ non solo nel nome
Sul fronte idrico, le carte comunali mettono in luce un’altra questione spinosa: lo scarico di acque reflue industriali e domestiche nel corpo idrico superficiale denominato “Fosso Secco”.
Inizialmente, l’azienda aveva avanzato una richiesta per spostare lo scarico nel limitrofo “Fosso della Vittoria”, ma ha poi fatto marcia indietro, confermando la volontà di mantenere il punto di rilascio nel Fosso Secco.
La modifica, in questo caso, è stata riclassificata da “sostanziale” a “non sostanziale”, pur riguardando un potenziamento strutturale dell’impianto di trattamento.
Questo nuovo sistema di depurazione, di tipo chimico-fisico e biologico, introduce tecnologie come il trattamento biologico modulare (MBBR) e un sistema di ricircolo dei fanghi.
Tali interventi mirano a trattare un flusso che può arrivare a 5 metri cubi l’ora, ma l’attenzione resta alta sul corpo idrico recettore: il Fosso Secco, come attestato da una relazione idrogeologica, ha una portata naturale nulla per oltre 120 giorni l’anno.
Ciò significa che, per un terzo dell’anno, il mix di acque reflue depurate e sostanze potenzialmente residuali viene riversato in un alveo secco, amplificando i rischi di accumulo e di impatto ambientale.
I dubbi della Asl risolti con i buoni propositi
Il procedimento si è svolto attraverso una complessa Conferenza di Servizi. Un meccanismo che, nel caso di Pomezia, ha messo in evidenza l’inerzia di alcune amministrazioni.
In particolare, il Settore Urbanistica e Edilizia del Comune di Pomezia ha mancato l’appello. Non ha partecipato alla seduta conclusiva né trasmettendo il proprio parere nei termini previsti. Un’assenza di fatto che, per legge, si è tramutata in un assenso senza condizioni, un “sì” implicito.
Il parere dela ASL Roma 6, invece, pur non opponendosi al rinnovo, ha lanciato un allarme esplicito.
Lo stabilimento è a soli 200 metri da civili abitazioni. Un dato che, in assenza di un Regolamento Comunale di Igiene che imponga distanze minime chiare, lascia gli abitanti in una zona d’ombra. Esposti a “vapori, gas o altre esalazioni o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute”.
L’autorizzazione, dunque, è stata concessa, ma con l’onere per l’azienda di “garantire l’adozione di tutte le misure impiantistiche e gestionali necessarie a non arrecare alcun nocumento al vicinato”. Una prescrizione che suona più come un monito che come una garanzia.
Trasparenza e vigilanza: il nodo fondamentale a Pomezia
La complessa Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) concessa alla Cantel Medical riassume un nodo cruciale nella gestione del territorio. Il bilanciamento tra la crescita industriale di un colosso che opera in un settore strategico e la tutela inderogabile della salute pubblica e dell’ambiente.
Le modifiche approvate migliorano la capacità di controllo e abbattimento. Ma l’utilizzo continuativo di sostanze a rischio e lo scarico in un fosso periodicamente secco mantengono alta la guardia.
Pomezia assiste così all’espansione di un polo produttivo essenziale. Ma si interroga sul prezzo ambientale e sanitario di questo sviluppo, esigendo che la vigilanza sulle emissioni in aria e nei fossi non si limiti alla burocrazia cartacea. Ma si traduca in controlli stringenti e trasparenti sul campo.
La “conclusione positiva” della Conferenza di Servizi segna la fine di un iter, ma apre, per la comunità, la stagione della necessaria, incalzante sorveglianza.
Tutti siamo felici della crescita economica e occupazionale di realtà sul territorio di Pomezia. Quello che i cittadini chiedono è che questa avvenga in modo davvero rispettoso per la salute e per l’ambiente.
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