Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto il ricorso presentato dal proprietario di un immobile della zona, confermando l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Pomezia.
Una decisione netta, che dà ragione all’amministrazione pometina e mette un punto fermo su un contenzioso lungo e intricato, cominciato nel 2019 con la presentazione di una CILA e finito solo ora, dopo sei anni di carte bollate, perizie e ricorsi.
La sentenza riconosce piena legittimità all’azione del Comune di Pomezia, che aveva contestato la realizzazione di un’autorimessa in palese violazione delle norme edilizie e urbanistiche. Nessuna sanatoria, nessun compromesso: l’autorimessa dovrà essere demolita.
Una lunga storia di carte e sopralluoghi: per il Comune di Pomezia l’autorimessa è abusiva
Tutto inizia nel luglio 2019, quando il proprietario dell’abitazione presenta una Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA) per alcune modifiche all’immobile, tra cui una rimessa per auto. A distanza di pochi mesi, la Polizia Municipale di Pomezia effettua un sopralluogo e accerta che l’intervento realizzato non corrisponde al progetto approvato.
Scatta così il procedimento per abuso edilizio. Nel 2021, il cittadino tenta la carta della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) in sanatoria, cercando di regolarizzare l’opera a posteriori.
Ma anche questa mossa si rivela inutile: gli uffici comunali di Pomezia dichiarano l’intervento “inefficace”, spiegando che il box auto – costruito fuori terra e in aderenza all’abitazione principale – non rispetta né la Legge Tognoli del 1989 né il Regolamento edilizio locale.
Il Comune di Pomezia non arretra: “Opera illegittima e non sanabile”
La posizione del Comune di Pomezia è chiara e inflessibile. Secondo i tecnici del Settore Lavori Pubblici e Urbanistica, il manufatto non può essere considerato una semplice pertinenza, ma un nuovo volume edilizio a tutti gli effetti. E questo comporta limiti ben precisi: distanze dai confini, rapporti volumetrici, conformità al Piano Particolareggiato di Zona.
La normativa è chiara: i box auto possono essere realizzati solo al piano terra o nel sottosuolo, non come corpi aggiunti esterni.
In questo caso, il garage è stato costruito fuori terra, in aderenza all’abitazione, violando così la Legge 122/1989 – la cosiddetta Legge Tognoli – e l’articolo 51 del Regolamento edilizio comunale, che ammette deroghe solo per parcheggi interrati o al piano terra.
Il Comune di Pomezia, insomma, non si è fatto impressionare da cavilli interpretativi: “Nuovo volume, nuove regole”. E le ha fatte valere fino in fondo.
Il ricorso e la difesa: “È solo un box, non un abuso”
Il proprietario non si è arreso. Attraverso il suo legale ha presentato ricorso al TAR sostenendo che il box auto non doveva essere conteggiato nella volumetria edificabile del lotto. Secondo la difesa, l’articolo 51 del Regolamento edilizio comunale escluderebbe dal calcolo le superfici destinate al ricovero delle auto, anche se costruite “in soprassuolo”.
Una tesi articolata, ma che il Tribunale ha respinto senza esitazioni. Il giudice ha accolto la lettura del Comune di Pomezia: la norma si riferisce ai parcheggi aperti o interrati, non a strutture murarie chiuse e in elevazione.
In sostanza, il garage in questione non era un “posto auto”, ma una costruzione vera e propria, quindi soggetta alle regole ordinarie del permesso di costruire.
La linea del TAR: “Un abuso è un abuso, anche se assolto in penale”
A complicare la vicenda, c’era anche un precedente penale: il proprietario era stato indagato per reati edilizi, ma la Corte d’Appello di Roma lo aveva assolto lo scorso giugno per prescrizione. Una decisione che, però, non ha inciso sul giudizio amministrativo.
Il TAR lo scrive chiaramente: l’assoluzione penale non cancella l’illegittimità dell’opera.
La demolizione è un atto dovuto, perché il box resta in contrasto con la legge nazionale e con gli strumenti urbanistici comunali. La giustizia amministrativa non si occupa della colpa o dell’intenzione, ma dei fatti: e il fatto, in questo caso, è un manufatto costruito senza titolo valido.
Un segnale forte contro l’abusivismo edilizio
La decisione del TAR segna un punto importante nella battaglia – ancora apertissima – contro l’abusivismo edilizio nel Lazio.
Pomezia, come molti altri Comuni dell’hinterland romano, è da anni teatro di un braccio di ferro tra cittadini e istituzioni su costruzioni “creative”, ampliamenti mascherati da autorimesse, pergolati che diventano salotti e box che si trasformano in nuove stanze.
Il Tribunale, con questa sentenza, riafferma un principio tanto semplice quanto ignorato: la legge è uguale per tutti, anche quando si tratta di pochi metri cubi di cemento. E soprattutto, non basta un colpo di CILA o di SCIA per trasformare un abuso in una pertinenza.
Conclusione: giustizia fatta, ma la ferita resta aperta
Il TAR ha quindi confermato la linea dura del Comune di Pomezia. Il box auto dovrà essere demolito, le spese di lite restano compensate.
Una “stangata” che pesa, ma che manda un messaggio chiaro a tutta la cittadinanza: l’urbanistica non è un campo da gioco dove vince chi la interpreta meglio, ma un sistema di regole che garantisce ordine, sicurezza e rispetto del territorio.
A Pomezia, almeno per questa volta, la giustizia amministrativa ha deciso di mettere un freno al cemento “creativo”. Resta da vedere se basterà per arginare un fenomeno che, tra garage, tettoie e verande abusive, continua a minare la legalità urbanistica di molti Comuni italiani.





















