Il Consiglio comunale di Ardea ha approvato all’unanimità una mozione che potrebbe segnare una svolta nella battaglia per la salvaguardia del “Campo Pozzi Laurentino”, la principale riserva idrica che rifornisce i due comuni di Ardea e Pomezia.
Una fonte vitale che, secondo l’amministrazione, deve essere difesa da un destino incerto, tra rischi di inquinamento industriale, pressioni urbanistiche e un possibile disegno di delocalizzazione delle acque verso i Castelli Romani, già gravemente provati dal calo del livello del Lago Albano.
Il cuore del problema è proprio l’acqua. Quella che scorre invisibile sotto i terreni di Laurentino e Pescarella, due campi pozzi che alimentano da decenni la rete idrica di Ardea e Pomezia, ma che oggi rischiano di essere messi da parte in nome di nuove strategie di approvvigionamento.
Acea cambia rotta: l’acqua dai laghi, non dai pozzi
Nel marzo 2025 la Regione Lazio ha archiviato la proposta di salvaguardia dei pozzi Laurentino e Pescarella, avanzata già nel 2013. A chiederne la revoca non è stato un ente politico, bensì ACEA stessa, il colosso che gestisce l’acqua di Roma e provincia.
Secondo la società, non sarebbe più necessario tutelare quei pozzi, poiché l’acqua per Ardea e Pomezia potrebbe arrivare dai laghi vulcanici — Albano in primis — già sfruttati per dissetare dieci comuni dei Castelli Romani.
Una decisione che ha fatto scattare l’allarme.
Se l’approvvigionamento venisse spostato, il territorio perderebbe non solo la propria autonomia idrica, ma anche una delle sue ultime barriere di protezione ambientale.
La mappa regionale delle aree tutelate, infatti, è stata modificata dopo l’archiviazione, lasciando scoperta proprio la zona di Santa Palomba, dove sorgerà il futuro termovalorizzatore di Roma.
Acqua e fuoco: il nodo del termovalorizzatore
Il consigliere Niko Martinelli, promotore della mozione insieme a Luca Vita, ha lanciato un allarme preciso: “Dietro la cancellazione della salvaguardia dei pozzi – ha sostenuto in Consiglio – potrebbe esserci la volontà di liberare terreno per impianti industriali, anche altamente inquinanti”.
L’accusa è netta, ma documentata: la stessa ACEA che gestisce l’acqua è anche coinvolta nella costruzione dell’inceneritore, un impianto “idroesigente”, cioè con un enorme fabbisogno di acqua.
Il sospetto, dunque, secondo il consigliere, è che la revoca della tutela serva a facilitare i piani industriali dell’area metropolitana, sacrificando la sicurezza idrica e ambientale di Ardea e Pomezia.
“È un conflitto d’interessi evidente – si legge nel testo approvato – che non può garantire il perseguimento dell’interesse pubblico”.
Martinelli: “ACEA vuole usare l’acqua del Lago Albano per rifornire Ardea e Pomezia”
Nel suo intervento in aula, il consigliere Niko Martinelli ha svelato il contenuto del progetto presentato da ACEA alla Regione Lazio, che propone un cambio radicale di strategia idrica.
“ACEA ha depositato un piano in Regione Lazio – ha dichiarato Martinelli – in cui si indica che l’acqua per Ardea e Pomezia non dovrà più provenire dai pozzi Laurentino e Pescarella, ma dal Lago Albano.
In pratica, si propone di collegare le nostre condotte ai bacini dei Castelli Romani, già oggi in forte sofferenza. È un’operazione che rischia di aggravare la crisi idrica del lago e di far perdere al nostro territorio la propria autonomia, rendendoci dipendenti da un sistema già al limite”.
Il consigliere ha poi aggiunto: “Non possiamo permettere che le nostre fonti locali vengano abbandonate. Servono bonifiche e tutela, non spostamenti di acqua da un bacino all’altro. La Regione deve revocare l’archiviazione e riaprire subito il tavolo di salvaguardia”.
Pozzi inquinati e acqua in fuga
Il Consiglio comunale di Ardea all’unanimità ha ricordato che le analisi di ARPA e ASL hanno rilevato nei pozzi Laurentino composti organici di origine industriale, residuo di attività produttive pregresse. Da qui la richiesta urgente di bonifica, in base alla legge regionale n. 13 del 2019 sulle aree contaminate.
Il sindaco di Ardea Maurizio Cremonini ha confermato l’impegno dell’amministrazione:
“Abbiamo già segnalato la questione alla Regione e al commissario Gualtieri, denunciando anche l’abbassamento del livello del Lago Albano. In vent’anni si è abbassato di oltre nove metri e mezzo: aumentare i prelievi per usi industriali sarebbe un disastro ecologico”.
L’acqua dei pozzi, ha aggiunto il sindaco, deve essere destinata “solo all’uso potabile dei cittadini, non al raffreddamento dell’inceneritore”.
Una battaglia per l’acqua, simbolo di autonomia
La delibera approvata ad Ardea impegna il Comune a chiedere formalmente alla Regione Lazio la revoca dell’archiviazione e la riattivazione della mappa di salvaguardia del Campo Pozzi Laurentino, ripristinando così la protezione anche sull’area destinata all’inceneritore.
Il Consiglio chiede inoltre di bloccare ogni progetto di delocalizzazione delle fonti idriche, sottolineando la necessità di tutelare l’interesse collettivo di una comunità che da anni vive carenze d’acqua croniche.
Molti quartieri periferici di Ardea e Pomezia, infatti, non sono serviti da rete pubblica e si approvvigionano tramite pozzi privati, spesso non controllati e a rischio contaminazione.
Il filo d’acqua che lega i Castelli al mare
Il voto unanime del 25 settembre 2025 è arrivato dopo settimane di confronto serrato e accende i riflettori su un tema di enorme portata: la gestione delle acque sotterranee e lacustri del Lazio.
Se il piano di ACEA dovesse andare avanti, l’acqua del Lago Albano — già in drammatica crisi — potrebbe finire non solo nei rubinetti di Albano, Ariccia e Castel Gandolfo, ma anche in quelli di Ardea e Pomezia, a decine di chilometri di distanza.
Un trasferimento che aggraverebbe la situazione del bacino vulcanico, ormai in “caduta libera”, come denunciano da mesi le associazioni dei Castelli Romani.
Il rischio è che la sete delle città prosciughi anche le ultime riserve naturali, mentre le istituzioni restano impantanate tra competenze e silenzi.
Difendere l’acqua, difendere il futuro
Nel frattempo il lago Albano di Castel Gandolfo continua a ritirarsi, centimetro dopo centimetro, come un termometro impietoso della crisi idrica che strangola i Castelli Romani.
Dei due progetti salva-lago Albano non si sa più niente: l’Aubac non proferisce più parola da tempo, sul punto.
Le ultime rilevazioni dell’associazione Grottaferrata Sostenibile, guidata da Giancarlo Della Monica, del 5 ottobre parlano chiaro: meno sei centimetri in soli tredici giorni, un calo che porta il livello complessivo a –118 centimetri rispetto alla quota naturale registrata appena due anni e mezzo fa. Dati confermati anche dal teleidrometro dell’Autorità di Bacino (AUBAC), che da settembre 2023 monitora la situazione.
Un declino rapido e apparentemente irreversibile, aggravato non solo dal cambiamento climatico ma dai prelievi costanti di Acea, che attinge dal lago e dalla falda circostante senza limiti dichiarati né sistemi di compensazione, per rifornire undici comuni dei Castelli Romani.
Un sistema che funziona ininterrottamente, ventiquattro ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni l’anno, prosciugando un patrimonio naturale che impiega secoli a rigenerarsi.
L’allarme, ormai, è arrivato anche in Parlamento: il senatore Marco Silvestroni ha chiesto un intervento urgente dei ministeri competenti.
Ma mentre la politica avvia i primi confronti, i numeri scorrono inesorabili e il lago continua a scendere. Ogni due giorni di silenzio vale un nuovo centimetro d’acqua perduta — e un passo in più verso il punto di non ritorno per la falda dei Castelli Romani.
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