Il motivo? Un parere tecnico negativo del Comune di Pomezia, rimasto inspiegabilmente “nascosto” nei meandri del sistema informatico dell’ente.
Il documento, relativo all’impatto acustico degli impianti di emergenza, era stato trasmesso già ad agosto ma, per un errore di protocollo, non era stato esaminato in tempo. Così, il tanto atteso via libera concesso l’8 ottobre scorso a TIM è stato sospeso.
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Un progetto da milioni fermato dal rumore
Il Data Center di Pomezia, uno dei più importanti snodi digitali del Centro Italia, prevedeva l’installazione di due gruppi elettrogeni e due DRUPS (sistemi di continuità elettrica diesel), fondamentali per garantire energia anche in caso di blackout.

Proprio questi macchinari, tuttavia, sarebbero all’origine del problema: il Comune di Pomezia, attraverso il proprio settore tecnico, aveva espresso parere non favorevole per il rumore prodotto dagli impianti, ritenuto non compatibile con i limiti previsti dalla legge quadro sull’inquinamento acustico.
Un dettaglio tecnico, ma dal peso politico e ambientale rilevante, che ha spinto la Città Metropolitana a tornare sui propri passi e riaprire l’intero procedimento.
La Provincia fa marcia indietro
Nel provvedimento, la Città Metropolitana motiva la revoca con “la necessità di rivalutare il parere negativo del Comune di Pomezia in materia di inquinamento acustico”.
In altre parole, la provincia ha annullato il permesso ambientale non per un vizio di sostanza, ma di forma. La documentazione contraria era arrivata, ma non era stata presa in considerazione a causa di un errore di visualizzazione nel protocollo informatico.
Una dimenticanza che ora costa cara. L’amministrazione di Pomezia ha così deciso di bloccare tutto “in autotutela”, ossia per evitare future contestazioni o ricorsi che potrebbero mettere a rischio la validità dell’intera autorizzazione.
Sviluppo informatico bloccato da un ‘errore’ informatico
Il caso Noovle diventa emblematico del paradosso burocratico italiano: un progetto dedicato alla digitalizzazione del Paese, bloccato proprio da un malfunzionamento informatico.
Il Campus di Pomezia – oltre 50 mila metri quadrati di infrastruttura tecnologica sulla via Pontina – è ritenuto come uno dei pilastri del piano industriale di TIM per il cloud nazionale.
L’obiettivo: ospitare sistemi di calcolo avanzati, server per l’intelligenza artificiale e servizi digitali per la pubblica amministrazione.
Ora il suo completamento è sospeso, in attesa che la nuova valutazione acustica chiarisca se e come gli impianti potranno essere adeguati ai limiti di legge.
La sospensione dell’autorizzazione, se dovesse prolungarsi, rischia di rallentare investimenti e lavori già in programma.
Resta il tema centrale della compatibilità tra sviluppo industriale e tutela ambientale: un equilibrio sempre più delicato, che oggi divide anche la comunità pometina.
Verso una revisione degli impianti
La Città Metropolitana ha annunciato che il procedimento sarà riaperto “per valutare compiutamente quanto espresso dal Comune di Pomezia”.
In pratica, si riparte da zero: serviranno nuove analisi acustiche, verifiche sulle emissioni e, con ogni probabilità, una revisione dei progetti impiantistici.
Fonti tecniche parlano di possibili interventi di insonorizzazione aggiuntivi e di barriere fonoassorbenti per attenuare i rumori prodotti dai generatori in funzione d’emergenza.
TIM e Noovle, intanto, mantengono il riserbo, ma trapela la volontà di collaborare pienamente con le autorità locali per risolvere la questione e garantire la prosecuzione del progetto nel rispetto delle normative ambientali.























