Nonostante una sentenza definitiva del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, che imponeva all’Amministrazione comunale di riesaminare la domanda di permesso a costruire della società Immobiliare Mo.Le S.r.l., il Comune di Pomezia è rimasto completamente inerte.
Il risultato: una nuova condanna, questa volta per inottemperanza a un giudicato, con tanto di minaccia di commissariamento da parte del Prefetto di Roma.
Il TAR ha infatti nominato il Prefetto di Roma come commissario ad acta con facoltà di delega, nel caso in cui il Municipio di Pomezia continui a non dare seguito al provvedimento entro i sessanta giorni stabiliti.
Una decisione che pesa come un macigno su un’amministrazione già condannata a pagare le spese legali per la sua condotta omissiva.
Pomezia, una storia lunga dieci anni
La controversia affonda le radici nel 2016, quando la Immobiliare Mo.Le S.r.l. aveva chiesto un permesso per costruire un villino quadrifamiliare su un terreno di sua proprietà in via delle Margherite.
Il Comune di Pomezia negò l’autorizzazione, sostenendo che l’area fosse destinata a verde pubblico e parcheggi. Ma quella classificazione urbanistica derivava da un piano di recupero ormai scaduto da oltre un decennio, secondo quanto accertato dai giudici amministrativi.
Nel 2024, dopo anni di contenziosi, il TAR aveva dato ragione alla società, annullando il diniego comunale per difetto di motivazione e carenze istruttorie.
In sostanza, il Comune di Pomezia non aveva valutato con rigore lo stato dei luoghi, né chiarito perché il vincolo di destinazione a verde dovesse ritenersi ancora valido.
Ma, nonostante il pronunciamento, Pomezia non ha mai riavviato il procedimento, costringendo la società a tornare in Tribunale per chiedere l’esecuzione della sentenza.
Il Tribunale: “Pomezia inerte, intervenga il Prefetto”
Nella nuova sentenza, pubblicata il 23 settembre 2025, il TAR del Lazio è stato netto: il Comune di Pomezia “è rimasto del tutto inerte”, pur dopo essere stato diffidato formalmente a ottemperare.
Da qui la decisione di accogliere il ricorso per ottemperanza e ordinare al Municipio di rideterminarsi sulla richiesta di costruzione entro 60 giorni, tenendo conto dei principi già stabiliti nel 2024.
Il Tribunale ha chiarito che la precedente decisione non imponeva al Comune di Pomezia di rilasciare automaticamente il permesso, ma solo di riesaminare la domanda con motivazioni corrette e istruttoria completa.
Tuttavia, l’inerzia dell’amministrazione è stata ritenuta grave e ingiustificata. Per questo, in caso di nuovo silenzio, sarà il Prefetto di Roma a sostituirsi all’ente, con l’obiettivo di garantire il rispetto della legalità amministrativa.
Il nodo urbanistico: vincoli scaduti e piani decaduti
Il punto centrale della disputa ruota attorno alla validità dei vincoli urbanistici.
Il Comune di Pomezia aveva respinto la richiesta di costruzione perché l’area risultava destinata a verde e parcheggi secondo un piano di recupero ormai decaduto per decorso dei termini.
Secondo il TAR, quando un piano attuativo decade, le aree interessate non diventano automaticamente inedificabili, ma restano soggette alle norme urbanistiche generali della zona. I
n altre parole, l’amministrazione avrebbe dovuto verificare lo stato effettivo dei luoghi e le opere di urbanizzazione esistenti, invece di bloccare ogni intervento in maniera pregiudiziale.
La sentenza ribadisce così un principio di grande rilievo per cittadini e imprese: i Comuni non possono invocare piani urbanistici scaduti per negare diritti edificatori, senza prima un’analisi puntuale e motivata della situazione concreta.
Il rischio commissariamento
Ora il Comune di Pomezia ha due mesi di tempo per agire. Se non lo farà, il Prefetto di Roma prenderà il suo posto per garantire l’esecuzione della sentenza. Un’eventualità che rappresenterebbe un’umiliazione istituzionale per un’amministrazione pubblica, chiamata ad obbedire a un ordine giudiziario già passato in giudicato.
Il rischio, oltre all’immagine, è anche economico: la condanna al pagamento delle spese legali, già fissata in 1.000 euro, potrebbe essere solo l’inizio di una lunga serie di costi se il Comune di Pomezia dovesse perseverare nell’inerzia.
Una vicenda che interroga la legalità amministrativa
Il caso Mo.Le. non è solo una controversia edilizia: è un test di credibilità per la pubblica amministrazione. In un momento in cui la trasparenza e l’efficienza degli enti locali sono al centro del dibattito nazionale, la vicenda di Pomezia mostra quanto possa essere difficile far rispettare una sentenza anche quando la legge parla chiaro.
La mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario rappresenta una ferita per lo Stato di diritto e un segnale preoccupante per cittadini e imprese che chiedono solo chiarezza e certezza nelle regole.
Adesso la palla passa al Comune — o, se continuerà a tacere, al Prefetto di Roma — per ristabilire il principio fondamentale della supremazia della giustizia sull’arbitrio amministrativo.
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