Il Co.Ge.Mo. Roma, il consorzio che dovrebbe gestire la pesca delle vongole e dei molluschi bivalvi, è accusato di essere un “consorzio fantasma”.
L’accusa è quella di essere privo di soci reali e di attività concrete, ma ancora ufficialmente titolare della gestione di un intero compartimento marittimo.
La vicenda è arrivata fino in Parlamento, dove il senatore del Movimento 5 stelle Orfeo Mazzella, insieme ad altri 8 colleghi, ha presentato un’interrogazione al Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste.
Il consorzio ‘fermo’ da 15 anni
Nell’atto si legge che «la gestione della pesca dei molluschi bivalvi è affidata ai consorzi riconosciuti costituiti tra imprese di pesca», ma che nel caso del Co.Ge.Mo. Roma «l’inattività si protrae da circa 15 anni».
Secondo i parlamentari, il consorzio, con sede ad Anzio, non avrebbe rinnovato regolarmente la propria autorizzazione dal 2008, anno dell’ultimo decreto ministeriale.
Per essere regolare, la rappresentatività delle imprese all’interno del consorzio, che deve comunque risultare pari almeno al 51 per cento delle imprese autorizzate alla pesca dei molluschi bivalvi.
Alla Capitaneria di Porto nel 2024 è stato chiesto di indagare su questo aspetto.
Il Consorzio composto da 1 socio su 78 imprese esistenti
Dall’esito è emerso che, su 28 imprese presenti, una ha aderito al Co.Ge.Mo. Roma e le restanti 27 non hanno aderito. Considerato che, secondo la banca dati SIAN, risultano censite 78 imprese, non è stato possibile determinare in quell’occasione l’adesione al Co.Ge.Mo. della soglia del 51 per cento delle imprese autorizzate. E stato quindi chiesto il commissariamento del consorzio.
Nonostante questo, il 26 febbraio 2025 la gestione sarebbe stata nuovamente affidata allo stesso consorzio, che in sede di rinnovo avrebbe presentato soltanto «una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà» contenente il numero delle imprese socie, per dimostrare la propria rappresentatività, al posto della visura camerale ufficiale.
Una decisione che ha fatto infuriare molti pescatori. «Il Co.Ge.Mo. Roma è privo di compagine sociale e incapace di gestire il settore» denunciano da tempo gli operatori, molti dei quali hanno scelto di dimettersi dal consorzio e costituire un nuovo gruppo (non riconosciuto, però), il Cogemo Romae, per cercare di riportare ordine nella gestione della pesca.
Il Consorzio fantasma blocca la pesca
Ma la situazione, invece di migliorare, è precipitata. A settembre 2025 il Co.Ge.Mo. Roma ha deliberato il fermo biologico della pesca delle vongole.
Un atto che, secondo i pescatori, sarebbe stato deciso da un’assemblea che «non esiste», visto che «la visura camerale del consorzio annovera zero soci».
La sospensione delle attività, priva dell’apposita ordinanza ufficiale, ha avuto conseguenze pesantissime: le imprese non possono accedere agli indennizzi previsti per i periodi di fermo obbligatorio.
«Le nostre barche sono ferme in porto e non possiamo nemmeno presentare domanda di sostegno al reddito» raccontano gli operatori del litorale laziale, ormai allo stremo. «Le vongole sono sempre meno, i cannolicchi quasi scomparsi, e senza aiuti molte famiglie rischiano di non farcela».
Le richieste al Governo
Nell’interrogazione, Mazzella chiede al Governo di intervenire subito per chiarire la situazione e «garantire la regolare rappresentatività e funzionalità del Co.Ge.Mo. Roma nella gestione della pesca dei molluschi bivalvi».
Chiede inoltre al Ministro quali misure di vigilanza e controllo intenda adottare «per prevenire la formazione di consorzi fantasma» e assicurare che eventuali commissariamenti o revoche siano eseguiti «con tempi certi e trasparenti».
Oggi il mare del Lazio è fermo. Le reti restano a terra, i pescherecci attraccati. E mentre la burocrazia discute su chi debba davvero gestire la pesca dei molluschi, chi vive di quel lavoro teme di perdere tutto.
«Serve una soluzione immediata – dicono i pescatori – perché non possiamo più aspettare. Le vongole non crescono in ufficio».























