Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha infatti accolto i loro ricorsi – sette, sostanzialmente identici – contro il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ordinando il ricalcolo degli stipendi e il pagamento delle differenze maturate negli anni.
La decisione riconosce il diritto degli ex appartenenti al Corpo forestale dello Stato, transitati al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco dopo la riforma “Madia” del 2015, a conservare integralmente le indennità fisse e continuative percepite nella precedente amministrazione.
La riforma “Madia” e la perdita economica
La vicenda trae origine dal riordino voluto dalla legge 124 del 2015, che ha comportato la soppressione del Corpo forestale dello Stato e il trasferimento di personale e funzioni ad altre amministrazioni, tra cui i Vigili del Fuoco.
Per i piloti e tecnici di elicottero dei Castelli Romani, il passaggio ha significato un’immediata perdita economica: il nuovo inquadramento, effettuato nel 2017, non ha tenuto conto delle indennità di volo, di aeronavigazione e di pronto intervento aereo, né dell’emolumento fisso di polizia, voci retributive considerate dal TAR “fisse e continuative”.
L’amministrazione aveva calcolato l’assegno “ad personam” – l’indennità prevista per compensare la differenza tra vecchio e nuovo stipendio – su basi errate, prendendo come riferimento la retribuzione di un grado inferiore.
Il Tribunale: «Nessun peggioramento economico per chi transita forzatamente»
Il TAR del Lazio, con sette sentenze pubblicate il 29 ottobre 2025, ha stabilito un principio di grande rilievo: chi viene trasferito d’ufficio a seguito di una riforma dello Stato non può subire un peggioramento del trattamento economico.
Secondo i giudici, l’amministrazione avrebbe dovuto includere nel calcolo dell’assegno tutte le componenti retributive “fisse e continuative”, comprese le indennità di volo e di pronto intervento, che non dipendono da prestazioni occasionali ma da condizioni di impiego permanenti.
Il collegio, presieduto dal dott. Dario Aragno, ha richiamato anche la giurisprudenza della Cassazione e del Consiglio di Stato, ribadendo che il principio della “non reformatio in pejus” – cioè il divieto di peggiorare la posizione economica del dipendente – resta pienamente valido per i lavoratori pubblici coinvolti in trasferimenti obbligati.
Le amministrazioni non si sono difese
Un aspetto che ha pesato nella decisione è stata la totale assenza di difesa da parte dei Ministeri convenuti.
Nonostante due ordinanze del Tribunale sollecitassero chiarimenti e documenti, né il Ministero dell’Interno né quello dell’Economia hanno prodotto conteggi o spiegazioni sul metodo di calcolo degli stipendi.
Il TAR ha ritenuto questa inerzia un elemento aggravante, sottolineando che solo le amministrazioni avevano accesso ai dati retributivi completi e che il personale ricorrente aveva dimostrato, attraverso i cedolini paga, una riduzione netta del reddito rispetto al periodo in cui apparteneva al Corpo forestale.
Indennità fisse, non bonus: la chiave della decisione
Il punto centrale della sentenza è la qualificazione delle indennità di volo e di pronto intervento come voci “fisse e continuative” del trattamento economico.
I giudici hanno chiarito che tali emolumenti non sono premi o compensi accessori, ma componenti stabili dello stipendio, destinate a remunerare il rischio, la specializzazione e la disponibilità permanente al servizio tipiche del personale di volo.
Di conseguenza, dovevano essere pienamente considerate nel calcolo dell’assegno ad personam previsto dalla riforma Madia. La loro esclusione – come avvenuto in origine – ha comportato una riduzione illegittima della retribuzione, in violazione anche dell’articolo 36 della Costituzione sulla giusta retribuzione.
Il risarcimento e le prospettive future
Il TAR ha quindi condannato il Ministero dell’Interno a rideterminare la base di calcolo dello stipendio, assumendo come parametro quello percepito nel 2016 dai ricorrenti in qualità di vice sovrintendenti del Corpo forestale.
L’amministrazione dovrà versare le differenze maturate negli anni, con interessi legali fino al saldo, oltre a riconoscere il corretto importo dell’assegno ad personam.
Sebbene le spese di lite siano state compensate tra le parti, il valore economico complessivo della decisione è significativo e potrebbe superare, per ciascun elicotterista, diverse decine di migliaia di euro.
Una sentenza che fa giurisprudenza
La pronuncia del TAR del Lazio si inserisce in un filone giurisprudenziale già avviato da altri tribunali amministrativi, tra cui Venezia e Catanzaro, che nei mesi scorsi avevano deciso in modo analogo su casi identici.
La sentenza rappresenta una tappa fondamentale nel riconoscimento dei diritti del personale ex forestale, costretto al transito in un nuovo corpo senza garanzie economiche equivalenti.
Per i sindacati e le associazioni di categoria, si tratta di un precedente destinato a fare scuola e a rafforzare la tutela dei lavoratori pubblici specializzati, in particolare di coloro che operano in settori a rischio come il volo antincendio.
Un messaggio di giustizia e continuità
Al di là dell’aspetto economico, la sentenza lancia un messaggio forte: lo Stato deve garantire continuità e rispetto delle professionalità, anche nei processi di riforma e razionalizzazione.
Per gli elicotteristi dei Vigili del Fuoco dei Castelli Romani, la decisione del TAR segna la fine di una lunga battaglia legale e il riconoscimento del valore del proprio lavoro.
Un risultato che, in tempi di riforme amministrative e accorpamenti, riafferma un principio semplice ma essenziale: nessun dipendente pubblico dovrebbe essere penalizzato per aver continuato a servire lo Stato con la stessa dedizione e competenza, solo sotto una nuova uniforme.
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