La vicenda è approdata davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, si è conclusa con una decisione di parziale accoglimento del ricorso presentato dal Colonnello.
I giudici hanno confermato la legittimità della sospensione, ma hanno annullato la parte del provvedimento che prevedeva la perdita dell’anzianità di servizio.
Il militare aveva impugnato il decreto del Comando sostenendo di essere stato ingiustamente penalizzato nonostante avesse contratto il virus e sviluppato anticorpi.
L’Amministrazione, invece, ha difeso la propria decisione richiamandosi al quadro normativo che, nel 2022, imponeva il vaccino obbligatorio anche al personale delle forze armate.
L’origine del contenzioso: “Ho gli anticorpi, non mi vaccino”
Il caso nasce a fine 2021, quando il Comando Aeronavale di Pratica di Mare chiede al pilota di fornire prova dell’avvenuta vaccinazione, come previsto dal decreto-legge n. 44 del 2021.
L’ufficiale risponde dichiarando di aver contratto il Covid poche settimane prima e di possedere un referto medico che attestava la presenza di anticorpi IgG. Riteneva quindi inutile, se non addirittura rischiosa, la somministrazione del vaccino.
Il Comando, tuttavia, lo invita a rivolgersi all’Ufficio Sanitario o al proprio medico per ottenere un’eventuale certificazione di esenzione.
L’ufficiale non presenta alcun certificato medico ufficiale, ma conferma la sua scelta di non vaccinarsi. Da qui, l’accertamento formale dell’inadempienza e la sospensione immediata dal servizio senza retribuzione, in applicazione diretta della legge.
La difesa del militare: “Provvedimento incostituzionale e sproporzionato”
Nel suo ricorso, il pilota ha contestato il provvedimento per violazione di principi costituzionali fondamentali, tra cui il diritto al lavoro, alla dignità e alla retribuzione.
Ha inoltre sostenuto che la sospensione abbia comportato gravi ripercussioni economiche e familiari, privandolo di ogni forma di sostentamento pur in assenza di comportamenti disciplinarmente rilevanti.
L’ufficiale ha accusa infine l’Amministrazione di aver agito in modo rigido e burocratico, senza valutare soluzioni alternative – come l’assegnazione a mansioni non operative – che avrebbero consentito di tutelare al contempo la salute pubblica e i diritti individuali.
Il provvedimento, secondo la difesa, avrebbe “massimizzato l’interesse pubblico a discapito del singolo”, ignorando le circostanze personali e le condizioni di salute documentate dal militare.
La posizione dell’Amministrazione: “Norma chiara, nessuna discrezionalità”
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati dall’Avvocatura dello Stato, hanno respinto ogni accusa.
Secondo l’Amministrazione, la sospensione era un atto vincolato, imposto dalla legge e non frutto di scelta discrezionale.
Il decreto-legge n. 44 del 2021, integrato dal D.L. n. 172/2021, prevedeva infatti l’obbligo vaccinale per il personale del comparto Difesa e Sicurezza, con la sospensione automatica in caso di inadempimento.
Solo un certificato di esenzione o differimento, rilasciato dal medico curante o dal centro vaccinale, avrebbe potuto evitare la sospensione. Nel caso in questione, nessun documento medico ufficiale fu presentato.
La decisione del TAR: sospensione legittima, ma stop alla decurtazione dell’anzianità
Il TAR del Lazio, con sentenza emessa il 3 ottobre 2025, ha confermato la legittimità della sospensione senza stipendio.
Secondo i giudici, la Guardia di Finanza ha semplicemente applicato la legge, che prevedeva la sospensione automatica per chi non si vaccinava e non produceva certificazioni mediche valide.
Il Tribunale ha richiamato anche le pronunce della Corte Costituzionale, che avevano già confermato la compatibilità dell’obbligo vaccinale con i principi di libertà e dignità del lavoratore.
La sospensione, ha ricordato il TAR, “non ha natura disciplinare, ma rappresenta l’effetto di una libera scelta del dipendente che decide di non vaccinarsi, rendendo impossibile lo svolgimento delle proprie mansioni”.
Diverso, invece, il giudizio sulla detrazione dell’anzianità di servizio: i giudici hanno stabilito che la legge non prevede tale sanzione aggiuntiva. La norma emergenziale, infatti, indicava come unica conseguenza la sospensione dell’attività e della retribuzione, senza incidere su carriera o licenze.
Le implicazioni: un precedente per il personale militare e civile
La sentenza del TAR assume rilievo per tutto il personale militare e delle forze dell’ordine che aveva impugnato provvedimenti analoghi.
Il Tribunale ha ribadito che la sospensione per mancato vaccino fu legittima, ma non poteva comportare ulteriori penalizzazioni.
In sostanza, chi rifiutava il vaccino non perdeva il posto di lavoro né l’anzianità maturata, ma restava sospeso senza stipendio fino all’adempimento dell’obbligo o alla scadenza della normativa emergenziale.
La decisione offre così un chiarimento definitivo su una materia che, durante la pandemia, aveva generato migliaia di contenziosi tra amministrazioni e dipendenti pubblici, divisi tra il rispetto delle norme sanitarie e la tutela dei propri diritti individuali.
Conclusione: un equilibrio tra salute pubblica e diritti del lavoro
Con questa pronuncia, il TAR Lazio ha cercato di ristabilire un equilibrio tra l’interesse collettivo alla salute pubblica e i diritti fondamentali dei lavoratori.
L’obbligo vaccinale, affermano i giudici, fu legittimo e proporzionato al contesto emergenziale, ma non può giustificare misure punitive eccedenti il dettato della legge.
Il pilota di Pratica di Mare non riavrà le retribuzioni perdute, ma vedrà riconosciuta l’anzianità di servizio che gli era stata sottratta. Un risultato parziale, ma che conferma l’importanza del controllo giudiziario anche in tempi di emergenza, quando la necessità di proteggere la collettività deve comunque confrontarsi con i limiti imposti dallo Stato di diritto.
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