Un libro su un caso mai chiuso, il rapimento e l’uccisione di Moro per mano delle Brigate Rosse. Un volume nato dalla penna di chi ha seguito da vicino quel caso e condotto l’inchiesta ad esso relativa. Un documento per dare finalmente nome e cognome alla verità, dice lui. «Non sono uno scrittore, ma un modesto ricercatore di verità – ha spiegato ai ragazzi che gli hanno chiesto il perché di un libro così forte –. Sono uno che segue l’insegnamento di Cicerone e che, pur non conoscendolo personalmente, ha avuto in Moro un maestro e una guida. Una Repubblica fondata sulla menzogna non può esistere. La verità la devo, anzi la dobbiamo ai cinque uomini della scorta trucidati e naturalmente a Moro.
E la dobbiamo a voi giovani, affinché non ripetiate gli errori del passato e perché voi nella vostra vita dovete essere i portatori dei valori della Costituzione». Imposimato ha lasciato i suoi giovani ascoltatori col fiato sospeso per due ore di fila e rispondendo alle loro domande serrate ha ricostruito i 55 giorni di prigionia di Moro e tutto quello che ne è seguito negli anni a venire, nel tentativo di dare risposte diverse da quelle fornite da una versione ufficiale dei fatti molto lontana dalla realtà effettiva. Atti alla mano, il giudice ha dimostrato nel suo libro e suggerito anche ai ragazzi che ad uccidere lo statista italiano è stata la “Ragion di Stato”, che l’omicidio poteva essere evitato, che il politico democristiano è stato lasciato morire perché personaggio scomodo, che il suo assassinio altro non è che l’ennesimo “delitto italiano” consumato dalle Br col beneplacito del gotha politico.