La prova più semplice di quanto quei campetti sarebbero importanti per la comunità la dà, senza volerlo, un gruppo di ragazzini che si esercitano col pallone con l’unico canestro che ha ancora il cerchio. L’altro è stato vandalizzato ed è del tutto inutilizzabile. «Di cosa parla il tuo articolo?», mi chiedono. «Del fatto che ci sono questi tre campi da basket e sono abbandonati, anche se voi vorreste giocarci». Allora si allarga un sorriso, mi lasciano scattare qualche foto e poi si rimettono a tirare a canestro.
Tre campi da gioco molto basilari: due canestri e le strisce a terra. Con una rete potrebbero essere usati per la pallavolo e vanno bene anche per tirare due calci a un pallone. Uno si trova in via Singen e gli altri due in via Santorre di Santarosa, nei pressi delle case popolari di via Fellini, e in via Ugo La Malfa. Sono stati inaugurati sotto l’amministrazione di Enrico De Fusco ma da allora non sono stati mai aperti. Almeno formalmente, visto che i ragazzi sfruttano i buchi fatti da qualcuno nelle recinzioni per aggirare i cancelli chiusi e giocare comunque con quel che resta delle attrezzature vandalizzate. Del resto non potrebbero fare diversamente. Inizialmente si era pensato di affidarli ai comitati di quartiere, ma dopo i primi atti vandalici sono stati chiusi e sono finiti nel dimenticatoio. Eppure potrebbero essere importanti per quei ragazzini che non hanno altro modo di fare sport. La localizzazione dei campi polivalenti, nelle aree più popolari della città, era stata pensata proprio per questa ragione. Nel frattempo il Comune, oggi a guida 5Stelle, ha inaugurato molti altri parchi e aree verdi. Ha installato panchine luminose e ha persino messo degli attrezzi ginnici nel Selva dei Pini, dove ogni giorno decine di persone vanno a fare jogging. Ma quei campetti abbandonati non se li ricorda più nessuno.
«Siete in tanti a venire a giocare qui?», chiedo ai ragazzi di via Singen prima di lasciarli al loro allenamento. «Tantissimi, tutti i giorni».
«E passate dal buco?»
«I cancelli – mi rispondono – sono chiusi. Altrimenti da dove entriamo?»
Ed è grazie a loro se i campetti in qualche modo ancora servono a qualcosa. Nonostante i canestri rubati, nonostante le scritte e la vegetazione che ormai cresce anche per terra. Sono loro a strapparli al degrado totale. Eppure la spesa per dare una ripulita non sembra essere poi così elevata. Più complesso il discorso della vigilanza per cui, comunque, la sinergia con le associazioni del territorio può consentire di trovare soluzioni. Nessuna promessa va fatta ai ragazzi dei campetti, ma valgono almeno un tentativo.
Martina Zanchi
(Il reportage completo nel prossimo numero cartaceo de Il Caffè, in uscita il 31 agosto)