Una postilla di legge permetterà ad Acea di distribuire l’acqua del Tevere nei rubinetti dei romani. Acqua che verrà distribuita in tutto il bacino Ato 2, che abbraccia Roma e altri 111 Comuni, compresi i Castelli Romani e il litorale sud. L’impianto industriale ancora non è entrato in funzione, ma certo questa è l’unica notizia positiva. Cerchiamo di capire perchè.
Poco prima di Natale 2018, la Commissione regionale Agricoltura e Ambiente, presieduta dal pentastellato Valerio Novelli, ha varato una piccola ma importantissima modifica del Piano di Tutela delle Acque, la legge regionale del 2016 che disciplina l’intero settore idrico. Postilla che permetterà ora alla municipalizzata romana dell’acqua di mettere in funzione il suo nuovo potabilizzatore. Il grosso impianto industriale situato su un’ansa del fiume Tevere, in località Roma nord–Grottarossa, a cui l’Acea ha affidato un compito impossibile, almeno secondo gli esperti che abbiamo sentito: succhiare 500 litri d’acqua al secondo da uno dei fiumi più inquinati d’Italia e depurarla dagli idrocarburi, metalli pesanti e microplastiche che vi galleggiano dentro, ovvero elementi chimici molto pericolosi per la salute umana e per l’ambiente.
QUEL RITOCCHINO AL PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE
L’articolo 12 del Piano di Tutela delle Acque, nella versione del 2016, non permetteva di utilizzare a fini potabili le acque dei fiumi in cui finiscono reflui industriali. “Sono vietati gli scarichi di acque reflue industriali – stabiliva il ‘vecchio’ articolo 12 – in acque superficiali (ovvero nei fiumi, ndr) utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile”. La Commissione presieduta da Novelli alla fine dello scorso anno lo ha modificato, prevedendo ora una nuova postilla: “tale divieto si applica solo nelle zone di influenza individuate con deliberazione della Giunta regionale, per ogni punto di prelievo per il quale si rilascia concessione per l’utilizzo di acque superficiali potabilizzate da destinare al consumo umano”. In altre parole, il divieto di potabilizzare le acque di fiume in cui finiscono reflui industriali si applicherà, ma solo nelle zone gradite ai partiti ed ai politici. Il nuovo codicillo è stato pubblicato sul Burl, Bollettino Ufficiale della Regione Lazio, n.103 (Supplemento n.3) del 20 dicembre scorso ed è entrato in vigore il giorno successivo.
E GLI IDROCARBURI, I METALLI PESANTI E LE MICROPLASTICHE?
Il potabilizzatore dell’acqua del fiume Tevere è stato ideato, progettato ed approvato nel tempo record di 127 giorni, tra dicembre 2017 e aprile 2018. Costruito tra maggio e novembre 2018. Infine, inaugurato senza grandi annunci il 12 e 13 dicembre scorso, ma ‘a porte chiuse’, ovvero alla presenza solo di tecnici del Comune e dell’Acea, di qualche politico e burocrate. È costato 12,7 milioni di euro. L’impianto ancora non è entrato in funzione visto che l’Acea era in attesa di una apposita modifica dell’articolo 12 del Piano di Tutela delle Acque, senza la quale l’impianto industriale non avrebbe potuto essere messo in funzione. Più volte, il nostro giornale ha posto dubbi e quesiti ad Acea, alla Sto Ato 2, ovvero alla Segreteria Tecnico Operativa di Acea, ed alla Regione Lazio, ma senza mai ricevere risposta.
Chi, come e con quale frequenza controllerà che l’acqua del Tevere portata nelle case di oltre 4 milioni di cittadini del Lazio sarà davvero potabile?
Come farà l’Acea a togliere gli idrocarburi, i metalli pesanti e le microplastiche presenti nelle acque del Tevere che dovranno essere potabilizzate?
Anche il Garante del Servizio idrico del Lazio ha convocato Acea per porre le stesse domande, ma la municipalizzata non si è presentata per 3 volte.
Speriamo che presto qualcuno ci risponda.