È l’ultimo esempio di macchia mediterranea resistita all’urbanizzazione e che fino a qualche decennio fa si estendeva lungo tutta la costa laziale. Si tratta della riserva di Tor Caldara, ad Anzio. Prende il nome dalle anforette, chiamate “caldare”, che venivano utilizzate dalla metà del ‘500 per la lavorazione delle locali cave di zolfo. 44 ettari sul mare, riserva naturale regionale dal 1988, Tor Caldara costituisce, al momento, uno dei pochissimi boschi marittimi della Regione Lazio. L’ingresso si trova al km 34,400 della via Ardeatina, lungo la litoranea che conduce da Lavinio al porto di Anzio. «A pochi chilometri da casa – esordisce Vittorio Castellana, coordinatore dei guardiaparco di Tor Caldara – potrete visitare gratuitamente, con l’aiuto di guide specializzate, il bosco sempreverde di lecci, sughere, farnie, farnetti e cerri, che copre un’estensione di circa l’80% della riserva.
Nelle aree fronte-mare, viceversa, abbonda la vegetazione caratteristica della rupe costiera e dunale, come la felce florida, il giglio di mare e il pancrazio marittimo. Nei pressi delle antiche aree estrattive dello zolfo, invece, si possono ammirare graminacee tanto uniche quanto rare come l’agrostide di Montelucci e lo zigolo termale. Intorno alle zone umide del laghetto e dei due ruscelli d’acqua, infine, si sviluppa la vegetazione igrofila detta “a canuccia” di palude, come i giunchi e la thypa. Per finire, va data una notizia degna d nota: il tratto di mare che bagna le sponde della riserva di Tor Caldara, dove si arriva in pochi minuti attraversando la riserva a piedi, è pulito e trasparente tanto da aver conquistato, anche quest’anno, l’ambita bandiera blu».
Percorrendo la mulattiera ancora in uso, un tempo usata per il trasporto dello zolfo fino ai Castelli Romani, si ammira anche la torre edificata dal principe Marcantonio Colonna nel 1565 contro le invasioni saracene, dove attualmente ha sede il museo della riserva. Nella riserva vi sono inoltre numerosi elementi interessanti anche per i visitatori esigenti: le cosiddette “solfatare”, le numerose cave di zolfo, la sugheriera “storta” (cresciuta obliqua a causa della brezza marina), gli stagni in cui abbonda la “osmonda regalis”, una specie tanto unica quanto rara di felce. Troviamo poi un “fossile vivente” che viene dall’era dei dinosauri e l’area del laghetto sulfureo, con le tipiche fumarole (note anche come geyser), considerato sacro dagli antichi romani che affollavano la vicina Villa di Nerone.
«Ma la riserva naturale regionale di Tor Caldara rappresenta un piccolo-grande scrigno di tesori preziosi ed inestimabili anche a livello faunistico -, sostiene Silvia Risuleo, anche lei guardiaparco -: difatti, in riserva sono presenti almeno 15 specie di mammiferi fra cui il coniglio selvatico, l’istrice, la volpe, la donnola e il moscardino, e poi rettili, anfibi e invertebrati. Sulle fioriture non è raro osservare la Paratriodonta romana, uno scarabeide endemico del litorale laziale». E continua: «Qui a Tor Caldara è particolarmente sviluppata l’attività di cura e recupero degli uccelli. Fra stanziali, migratori ed erratici sono presenti in riserva oltre 70 specie. Un lavoro che portiamo avanti in collaborazione con la Lipu».
Tor Caldara è in sostanza un vero e proprio “laboratorio didattico” all’aria aperta che, non a caso, in autunno e primavera è affollato dalle scolaresche. Per gli amanti del mare aggiungiamo, infine, che questa preziosa riserva naturale rappresenta, nel corso delle torride giornate estive, soprattutto un paradiso terrestre sempre fresco e ventilato.