I cartelli raffigurati nella foto qui di fianco si trovano a pochi passi l’uno dall’altro. Dimostrano come sulla carta, per via burocratico-amministrativa e politica, si può rappresentare una situazione che è ben diversa nella realtà. Il caso è specifico per la marina di Latina, ma identico discorso vale per tutto il nostro litorale, da Pomezia a Terracina, come del resto per altre parti d’Italia.
I due cartelli sono stati posizionati dalla stessa Amministrazione comunale alla distanza 12,2 metri l’uno dall’altro: li abbiamo misurati con una apposito metro a fettuccia. Misuratore molto comodo che presto potrebbe essere utilizzato dagli spiaggianti per stabilire il punto esatto dove inizia il diritto di balneazione sulle nostre coste. Un cartello, posizionato a tempi di record (alla faccia dei tempi lenti della burocrazia) dice che da quest’anno, per la prima volta nella sua storia, il Comune di Latina ha ottenuto la fatidica Bandiera Blu della FEE (Foundation for Environmental Education) per tutta la sua costa. L’atro cartello, invece, avverte che da quel punto in poi inizia un tratto di spiaggia interdetto alla balneazione essendo adiacente alla foce del Canale delle Acque Alte (più noto come Canale Mussolini) o Foce Verde, che risulta inquinato ormai da decenni. Il primo è in bella vista lungo la strada del lungomare, mentre il secondo è posto su un passaggio veicolare di accesso alla spiaggia; si badi bene, non direttamente sul bagnasciuga come sarebbe logico aspettarsi e come per legge dovrebbe essere fatto.
L’affissione di cartelli direttamente sulla spiaggia (non sulla strada), per informare i bagnanti sulla qualità delle acque, è un obbligo imperativo per ottenere il riconoscimento della FEE. E allora come si spiega la presenza di due cartelli che dicono l’esatto contrario? Con molta confusione e un po’ di furbizia.
La Bandiera Blu infatti viene assegnata ai Comuni rivieraschi che ne fanno richiesta tramite questionari autocertificati relativi ad alcuni requisiti ritenuti imperativi e altri che valgono come valori guida. Se non si rispetta anche un solo obbligo imperativo, come nel caso delle informazioni sulle acque di balneazione, la bandiera non dovrebbe essere assegnata (almeno così dice il regolamento della FEE).
Contrariamente a quanto viene rappresentato dalle Amministrazioni interessate però il riconoscimento va alla “località balneare”, intesa come singolo tratto di spiaggia; località che spesso non coincide con tutto il litorale di un Comune, come invece vogliono farci sempre credere.
Per questo il vessillo può essere concesso anche ad una singola spiaggia gestita da un privato che ne fa richiesta all’organizzazione. Basta che non vi siano contraddizioni palesi come nel caso qui esemplificato.
Infatti nel regolamento FEE è prescritto che: “Nessuno scarico di acque reflue (urbane o industriali) deve interessare l’area della spiaggia”. Per la verità è un po’ come certificare che con un’uva raccolta al giusto grado di maturazione, esente da batteri acidificanti, pigiata e trasformata con cura nei modi dovuti, escludendo tutti i grappoli rovinati (non importa quanti) alla fine si ottiene un buon vino. Cosa accade a tutto il resto della vendemmia non ha alcuna importanza. Poi se anno dopo anno il raccolto si rovina sempre di più, sono affari vostri.
Tra l’altro alcuni dati sono materialmente impossibili da controllare da parte di chiunque: ad esempio la raccolta differenziata deve riferirsi alla sola zona costiera e non su tutto il territorio del Comune interessato. Poi se si mettono cartelli che si contraddicono a vicenda, chi se ne importa. Vale quello meglio in vista.
Buona regola, dunque, è verificare se dove vogliamo farci il bagno c’è divieto di balneazione segnalato dagli obbligatori cartelli oppure facendo surf all’interno del non agilissimo sito internet dell’Arpa Lazio.