Il Consorzio Aedars infatti a sua volta ha chiesto ed ottenuto il concordato preventivo dal Tribunale di Roma a fine 2013. La richiesta si è resa necessaria in quanto la società era stata raggiunta da un’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Roma in data 27/9/2013. Per tale motivo le sono stati revocati tutti gli appalti che nel frattempo aveva acquisito in tutta Italia.
CENTRO POLIVALENTE DI LATINA SCALO: FANTASMA DI CEMENTO
Tra questi appalti bloccati ci sarebbe anche la costruzione del centro polivalente di Latina Scalo. In realtà, come ci hanno confermato alcuni residenti del posto, i lavori risultano abbandonati già da molto tempo; ben prima dell’arrivo del provvedimento antimafia, lasciando dietro di sé il solito scheletro di cemento armato inutilizzabile e soggetto al degrado strutturale. Anche per quest’opera non risulta che l’amministrazione pubblica (quella comunale in questo caso) si sia molto preoccupata di far sapere ai cittadini come stanno le cose e come sono stati spesi i soldi dei contribuenti. Ma questo è solo l’inizio perché la vicenda di questo Consorzio non è affatto conclusa.
L’INTERDITTIVA ANTIMAFIA
Aedars infatti comprende 44 imprese, tutte persone giuridiche autonome, il cui capitale di maggioranza, quasi 2/3 delle azioni, è detenuto dalla Fracla Srl di Roma. Dopo l’emanazione del provvedimento antimafia prefettizio il destino del Consorzio stesso sembrava segnato e per questo è stato chiesto il concordato preventivo. Invece il 20 marzo scorso le sorti si sono rovesciate: Aedars si è visto accogliere un apposito ricorso davanti al TAR del Lazio. I giudici amministrativi hanno ritenuto che i fatti posti alla base del provvedimento antimafia non erano sufficientemente probatori di un’accusa così grave. In particolare, la sentenza ha sottolineato il fatto che l’assetto azionario della Fracla Srl è realmente controllato da membri della famiglia Mollica (guidata dai fratelli Pietro, Domenico e Antonino), sospettata di essere organica alla criminalità organizzata; in realtà, dice la sentenza del Tar, questi soggetti risulterebbero semplici vittime della criminalità stessa. L’interdittiva della Prefettura di Roma aveva puntato molto su questo aspetto.
Nella sentenza inoltre più volte si cita il fatto che in passato nell’azionariato di Aedars sono comparse società che non avevano i requisiti antimafia. Ma il Consorzio stesso di volta in volta, in base al proprio statuto, le aveva escluse dalla propria compagine sociale.
CHI DOVEVA ACCORGERSENE?
Quest’ultimo è il secondo punto critico. Se una grande società governativa come Sogin, che deve realizzare opere delicatissime dal punto di vista della sicurezza pubblica, non si accorge o non viene messa in grado di accorgersi che ha affidato dei lavori ad una società dove entrano ed escono presunte società colluse con Cosa Nostra, chi altro deve verificare tutto questo? Ma di punto critico ce n’è un terzo: decisamente il più preoccupante. Qualcosa ai giudici amministrativi del Tar forse sarà sfuggito e riguarda proprio una delle aziende che hanno avuto in subappalto la realizzazione del deposito provvisorio delle scorie nucleari a Latina. Si tratta della Green Impresit Srl, che attualmente risulta essere a sua volta socia del Consorzio Aedars. Questa società ha sede a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ed è stata coinvolta lo scorso anno nello scandalo del CUB (Consorzio Unico di Bacino attualmente commissariato) che si occupa dello smaltimento dei rifiuti nelle province di Caserta e Napoli. Le ipotesi di reato contestate sono truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, falso ideologico e abuso d’ufficio. Secondo i magistrati campani i dirigenti di quest’altro Consorzio permettevano la realizzazione di una truffa che consisteva sostanzialmente nel creare false emergenze: in tal modo i lavori da eseguire venivano assegnati sempre alle solite ditte senza alcuna gara d’appalto. Anzi, già che c’erano, se l’importo dei lavori era sopra la soglia per la quale è obbligatorio il bando a livello europeo, li frazionavano in modo da portarli sotto soglia; anche se poi la realizzazione era unitaria. Terreno fertilissimo per le varie cricche che ormai arraffano ogni tipo di appalto pubblico nel nostro paese. Nel caso del CUB di Napoli e Caserta, sempre secondo i giudici, i lavori frazionati venivano affidati sempre e solo a Edil Eco Sud Srl e Green Impresit Srl; quest’ultima, per l’appunto, è tutt’oggi socia di Aedars ed è amministrata da un signore che possiede una ditta individuale con sede a Casal di Principe (Ce). Tant’è che alla fine di settembre 2013 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo nei confronti di entrambe le società. Eppure nella sentenza del Tar di Roma che ha annullato l’interdittiva antimafia nei confronti del Consorzio Aedars, non vi è alcun cenno a tutta questa storia.