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Passione, letteratura e cultura

I Castelli che ispirarono i grandi scrittori

I Castelli che ispirarono i grandi scrittori

Tra Seicento e Ottocento e fino ai primi del Novecento i grandi artisti d’Europa, scrittori e pittori, furono letteralmente sedotti dalla bellezza dei Castelli Romani. Rimasero affascinati dagli scenari, dalla natura, dalle ricchezze archeologiche. Gli artisti del Grand Tour non potevano non fare tappa nei nostri territori e ne immortalarono le immagini in magnifici quadri oppure furono ispirazione per romanzi e personaggi di famose opere letterarie. Come un ideale viaggiatore andremo alla scoperta di quelle chicche artistiche che hanno fatto conoscere i Castelli Romani in tutto il mondo.

HANS CHRISTIAN ANDERSEN: DALLE FIABE ALL’INFIORATA DI GENZANO

Molti lo ricordano per le sue fiabe, Hans Christian Andersen lo scrittore danese è conosciuto per i suoi racconti come “La Sirenetta”, “I vestiti nuovi dell’imperatore” o “La Principessa sul pisello”, ma pochi sanno che visitò l’Italia e i Castelli Romani e rimase colpito da Genzano e dai maestri infioratori che già nel 1834 realizzavano i tappeti floreali dell’Infiorata in occasione dei festeggiamenti del Corpus Domini. Lo scrittore danese raccontò nel “L’improvvisatore” le sue impressioni su Genzano e la festa dei fiori. “… Come descrivere la prima impressione di questa festa? Di quella strada che saliva lenta, interamente coperta di fiori prevalentemente celeste? Tutta la strada era tappezzata di grandi foglie verdi sulle quali erano posate una enorme quantità di rose, una accanto all’altra? Altre migliaia di fiori gialli e rosso scuro bordavano la strada. Neanche un filo d’aria si muoveva e i fiori giacevano al suolo come se fossero state pesanti pietre preziose …”. Una descrizione suggestiva e fiabesca come è proprio nello stile di Andersen, che come molti suoi contemporanei rimane estasiato dinnanzi all’arte floreale genzanese immortalata nei suoi scritti.

GABRIELE D’ANNUNZIO E BARBARELLA: LA GRANDE PASSIONE AD ALBANO

Passione, amore, arte e bellezza: di sicuro con questi termini si può descrivere ed evocare la figura di Gabriele D’Annunzio, il Vate della letteratura italiana. D’Annunzio è conosciuto da tutti per i suoi eccessi, per il suo essere un divo ante litteram, ma non tutti sanno che ebbe un forte legame con la città di Albano che fu per lui fonte di passioni e di ispirazione letteraria e artistica. Per capire il rapporto che il Vate ebbe con la cittadina dei Castelli Romani dobbiamo tornare indietro al 2 aprile 1887 quando egli a un concerto, presso il circolo artistico di via Margutta a Roma, conobbe Barbara Leoni, al secolo Elvira Natalia Fraternali, che diventò la sua Musa e con la quale condivise una travolgente relazione erotica come spesso egli richiedeva alle sue tante donne. L’incontro con la bella Leoni incanalò le sue energie intellettuali in una direzione artisticamente proficua. Tra gli scenari dei loro incontri passionali e adulteri rientra proprio la città di Albano, dove la bella Barbara Leoni rimaneva sempre affascinata dal paesaggio e dove aveva ricordi di infanzia che ispirarono al Vate uno dei suoi più noti romanzi, ricordando forse una delle sue più travolgenti storie d’amore. Ne “Il Trionfo della Morte”, sotto gli pseudonimi di Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio, il Vate narra la sua relazione con Barbara Leoni o “Barbarella”, come era solito chiamarla, con cui trascorreva i suoi incontri amorosi nell’Albergo Togni, poco distante da Piazza Tartarughe e dall’odierno teatro Alba Radians. «Nel nostro spettacolo ‘Albano Le immagini e i suoi sussurri’ abbiamo cercato di raccontare le storie di quei romanzi che hanno parlato di Albano – ci dice la regista Elisa Pellegrini di Artisticamente Albano – da Stendhal alla Badessa di Castro, passando per D’Annunzio fino a Gogol che descrive le bellezze di Vittoria Caldoni. Un patrimonio letterario da diffondere e far conoscere». 

AMORE E SOFFERENZA PER GOETHE A CASTEL GANDOLFO

Lo scrittore Wolfang Goethe, autore del celebre romanzo “I dolori del giovane Werther” soggiornò tra il 1786 e il 1788 a Castel Gandolfo. Nel suo “Viaggio in Italia” descrive il suo soggiorno castellano e lo fa descrivendo nei minimi particolari la villa dove soggiornò. Villa Torlonia o Villa Delizia fu la dimora italiana di Goethe: “una villa molto vasta, già residenza del generale dei Gesuiti… alla quale non fanno difetto né comode stanze d’abitazione, né salotti per liete riunioni, né porticati per piacevoli passeggiate”. Nella villa adibita all’epoca ad albergo, lo scrittore tedesco visse una storia d’amore del tutto simile a quella del suo omologo letterario Werther, una storia di passione e anche di sofferenza, appunto. Si innamorò della bella milanese Maddalena Riggi alla quale impartiva lezioni di lingua inglese. Purtroppo la donna era già promessa sposa a un rampollo romano e Goethe dovette rinunciare alla sua passione amorosa e superò i dispiaceri: racconta le vicende storiche, girovagando per i boschi di Castel Gandolfo raccogliendo funghi. La natura, come nella migliore tradizione romantica, fu per Goethe un viatico per superare le pene d’amore. 

GADDA, IL PASTICCIACCIO E LA PORCHETTA DI ARICCIA

Il nostro viaggio letterario nei Castelli Romani deve fare tappa anche ad Ariccia e naturalmente non può non soffermarsi sulla specialità gastronomica locale per eccellenza: la porchetta. Il maialino condito e arrostito ha una fama che si perde nei tempi e la sua bontà ha radici antiche, come la sua produzione. Si racconta che nel 1802 lo scrittore tedesco Johann Gottfried Seume, autore del libro “L’Italia a piedi”, passando per Ariccia, manifestò il proprio disappunto nei confronti del principe Chigi, reo di aver fatto abbattere alcune querce secolari del suo parco per far pascolare meglio i “porci bradi”, da cui si producevano le famose porchette. Ma fu lo scrittore Carlo Emilio Gadda, a renderla famosa nel suo romanzo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”. La porchetta già all’epoca veniva venduta nei mercati romani e lo scrittore in puro romanesco ne parla così: “Carne fina e delicata, pe li signori proprio! Assaggiatela e provatela, v’oo dico io, sore spose: carne fina e saporita!”.

18/12/2013
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