CAOS CLIMA, PAGANO LE TARTARUGHE
«I rinvenimenti delle tartarughe sulle coste laziali fanno registrare una situazione di anomalia rispetto agli ultimi tre anni. Luca Marini, coordinatore della rete Tartalazio ha spiegato alcune delle cause. «Parliamo di una situazione molto particolare, risultante da condizioni climatiche anomale persistenti; a partire da un maggio molto freddo con la tarda risalita delle temperature delle acque, rimaste poi elevate. Questi fenomeni hanno incidenza diretta sulla nidificazione delle tartarughe con un ritardo di oltre un mese sulla schiusa dei nidi. A livello locale, le mareggiate del mese di novembre si sono unite ad una temperatura dell’acqua marina sopra media e vicina ai 20°. Per i decessi le cause sono varie, le principali sono il nylon delle lenze o delle reti e gli ami da pesca. Va considerato poi che per le tartarughe può rappresentare una causa di morte anche lo stress da condizioni climatiche anomale».
DELFINI SPIAGGIATI, IL GAP DELLE ANALISI
Tre sono gli esemplari di delfini morti spiaggiati a novembre sulle nostre coste, due nel comune di Latina ed uno ad Ardea. «È possibile definire le cause dei decessi solo dopo gli accertamenti dell’istituto zooprofilattico di Ciampino – spiega Valentina Braccia dell’associazione Creature del mare di Roma –. I cetacei sono tra gli animali marini che risentono maggiormente degli effetti dell’inquinamento ed è quindi importante conoscere se lo spiaggiamento è avvenuto dopo il decesso», come è presumibile per la stenella striata di 178 cm rinvenuta ad Ardea il 29 novembre. «L’inquinamento delle acque indebolisce il sistema immunitario dei cetacei esponendoli ai virus. La quantità di rifiuti arrivati a riva con le mareggiate ci raccontano comunque lo stato di salute del mare e, di conseguenza, quella dei suoi abitanti». Hanno destato clamore i due casi ravvicinati a Latina. Esemplari che sono rimasti “in mostra” ai passanti nonostante la procedura preveda la rimozione celere, anche per motivi sanitari. Qualora il tempo trascorso risulti eccessivo, i risultati delle analisi volte a comprendere le cause della morte dell’animale potrebbero essere compromessi. Al momento, infatti, ancora non è noto sapere quali sono le cause della morte di questi due delfini. «Oltre al rinvenimento, sono molto importanti le attività successive – dice Franca Maragoni del gruppo WWF Litorale laziale –. Qui ci siamo trovati in una situazione emblematica per cui la trafila era stata avviata correttamente per poi incappare in problemi logistici. Sono situazioni spiacevoli che denotano la necessità di una maggiore sensibilità e collaborazione istituzionale».
Una situazione da monitorare
Visti gli episodi e gli spiaggiamenti registrati, possiamo ritenere ci sia una situazione di allarme? «Non parlerei assolutamente di moria di delfini nel Lazio nonostante i tre recenti spiaggiamenti – dichiara il biologo Valerio Manfrini del consiglio direttivo del centro studi cetacei onlus –. Dall’inizio dell’anno i cetacei che si sono spiaggiati lungo la costa laziale o le carcasse segnalate nelle acque regionali, sono 23 ovvero in linea con la media degli ultimi 3/4 anni per il Lazio. Di questi una 15ina sono stati trovati a sud di Roma. Mancano ancora una ventina di giorni alla fine del 2019 perciò il numero potrebbe salire ma speriamo che ciò non accada. Quest’anno è stata riscontrata la presenza del morbillivirus dei cetacei in diversi esemplari spiaggiatisi in Toscana. La vicinanza di questa regione al Lazio, ha imposto di prestare una particolare attenzione ma allo stato attuale non c’è alcun allarme. In ogni caso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana sta indagando le cause di morte dei delfini ritrovati nel Lazio ed essendo ormai a fine anno, i veterinari dell’istituto potranno avere un quadro più completo della situazione».