La faccenda sul versante chiave dell’urbanistica si arricchisce di un tassello, che potrebbe sparigliare ulteriormente le carte ad un anno e mezzo di distanza dalla fine del mandato Coletta. Sono appena arrivate, infatti, le ordinanze di demolizione riguardanti le palazzine di via Piave, via Quarto e via Roccacorga. Atti, a firma del dirigente del servizio Urbanistica, Eleonora Daga, che sembrano andare a colmare un buco negli atti dei procedimenti riguardanti i tre edifici. Immobili finiti nel vortice di quello che è stato il pasticcio sull’urbanistica, dalle stanze di Piazza del Popolo sconfinato poi anche nelle aule giudiziarie. E non solo nell’ambito della famosa inchiesta Olimpia che ha travolto l’edilizia del capoluogo. IL PECCATO ORIGINALE Il nastro, sul piano amministrativo, è invece rimasto fermo al maggio del 2016, quando il commissario Barbato ha annullato ben sei Piani urbanistici approvati dalla giunta Di Giorgi tra il 2012 e il 2014. Per la precisione le varianti ai Piani particolareggiati esecutivi (ppe), tra cui anche R3-Prampolini, R6-iszonzo e Piave, condite da volumetrie residenziali gonfiate e un passaggio in consiglio comunale saltato a piè pari. Da qui nasce quella che è una vera e propria patata bollente, capitata prima tra le mani dell’assessore Gianfranco Buttarelli, poi di Franco Castaldo. Ossia i diritti acquisiti dai costruttori in virtù di quei Piani varati dall’ex giunta di centrodestra e vigenti fino al 2016. Terreni acquistati e permessi a costruire rilasciati. E ancora un cantiere avviato, come quello di via Quarto, lavori quasi conclusi, come a via Ombrone, e infine un edificio bello che terminato con tanto di certificato di agibilità e di famiglie che vi abitano regolarmente, come successo a via Roccacorga. Quest’ultime sono solo la punta dell’iceberg di quel cortocircuito creato dalla riga rossa sui ppe. Cemento e volumetrie, con il ripristino dei vecchi piani degli ’70-’80, in molte aree della città non erano d’un tratto più permessi. Anche se c’è da fare un distinguo sostanziale tra i casi, che in comune hanno ‘solo’ l’illegittimità sul piano urbanistico. Perché c’è anche una partita in sede penale riguardante ulteriori e distinti abusi, oltre che l’esistenza stessa degli immobili. In questa sede sono stati già assolti i rappresentanti legali della società Corisma per la lottizzazione di via Ombrone (ppe R3), cantiere su cui, come per quelli di via Quarto e via Piave, erano stati posti i sigilli (poi revocati) con annessa sospensione dei lavori. Ma che al contempo era l’unico a essere destinatario di un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, per la precisione ad inizio 2017. RISCHIO MAXI-RISARCIMENTI Le ordinanze, ad ogni modo, sono di fatto atti dovuti difronte ai diversi accertamenti di polizia edilizia che attestano delle violazioni, proprio alla luce del ripristino di precedenti previsioni urbanistiche. Questo in ragione del fatto che, nel frattempo, la giustizia amministrativa, dopo ricorsi su ricorsi fino al Consiglio di Stato, ha certificato la legittimità dell’annullamento dei Piani e il conseguente lo stop agli interventi costruttivi previsti da quegli atti, ma non nei vecchi Piani tornati in vigore. Contemporaneamente, all’orizzonte c’è però anche una partita in sede civile. Tutti coloro che hanno ottenuto permessi a costruire in conformità alle previsioni urbanistiche allora vigenti, e quindi in maniera legittima, batteranno infatti cassa nei confronti del Comune, che dovrà con tutta probabilità risarcirli. «Per via Roccacorga, potremmo andare sicuramente incontro ad una risarcimento ultramilionario», spiegava al Caffè l’assessore all’Urbanistica Franco Castaldo qualche giorno prima delle ordinanze di demolizione comparse sull’albo pretorio e ribadito dopo la pubblicazione. «In quello stabile – continuava – quando nel 2016 c’è stato l’accertamento di polizia edilizia, la struttura aveva già un certificato di agibilità. E, a differenza di via Ombrone dove ci sono solamente dei preliminari di vendita, a via Roccacorga c’erano già famiglie che vi abitavano». I più che probabili contenziosi potrebbero essere però evitati sanando tali situazioni, prospettiva che rimane nelle intenzioni dell’amministrazione anche dopo le ordinanze pubblicate che sono solamente un atto dovuto. In sostanza, legittimare quelle cubature residenziali esistenti in quei punti, andando al contempo a dare una sforbiciata in altri lotti, così da riequilibrare gli standard urbanistici, ossia il rapporto tra volumetria residenziale, servizi e verde. Un’operazione che deve essere attuata con la revisione dei piani annullati e il voto del consiglio sulle nuove varianti al piano regolatore. Anche se i tempi sono diventati improvvisamente stretti, a causa delle ordinanze in ballo che intimano la demolizione entro 90 giorni. Porebbe succedere che il Tar, difronte al quale i costruttori possono impugnare gli atti, conceda la sospensione delle ordinanze, in attesa della conclusione dei procedimenti penali. O, in alternativa, che amministrazione Coletta mantenga promessa di recuperare e sanare i piani urbanistici della discordia, messa nero su bianco in un atto ufficiale: la delibera di indirizzi votata un anno e mezzo fa dal consiglio comunale.
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