Niente sconti all’ex consigliera regionale Gina Cetrone. Il Tribunale del Riesame di Roma ha respinto il ricorso dell’imprenditrice e politica, prima dell’arresto esponente del partito Cambiamo di Giovanni Toti, e l’ha lasciata in carcere. Lo stesso Riesame ha inoltre respinto i ricorsi e confermato le misure cautelari anche per l’ex marito dell’ex esponente del centrodestra, Umberto Pagliaroli, e per Armando “Lallà”, Samuele e Gianluca Di Silvio. Per l’Antimafia, Cetrone e il marito avrebbero assoldato il clan di origine nomade per compiere un’estorsione ai danni di un imprenditore che doveva del denaro all’imprenditrice e per tappezzare di manifesti Terracina durante la campagna elettorale per le comunali del 2016, in cui l’ex consigliera regionale era candidata. Arresti eseguiti dalla squadra mobile di Latina e disposti nell’ambito dell’inchiesta Alba Pontina, che ha portato la Dda di Roma a ritenere che i Di Silvio di Campo Boario avessero costituito un’associazione per delinquere di stampo mafioso. Per il gip capitolino Antonella Minunni, la Cetrone e l’ex marito avevano “stipulato un patto per la politica” con i Di Silvio. Il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo ha riferito di aver stretto l’accordo con l’esponente del centrodestra: “Contrattai la spesa da investire nella campagna elettorale e l’impegno a far visualizzare i manifesti. Questo servizio consisteva nel fatto che nessuno, sapendo che noi siamo i Di Silvio, poteva attaccare i manifesti sul nostro candidato”. Ancora: “Avendo già avuto a che fare con Cetrone Gina, che sapeva chi eravamo anche in relazione alle precedenti campagne elettorali, portai Di Silvio Armando e glielo presentai. Disse che nella campagna elettorale voleva essere vista solo lei”. Il prezzo? “L’intero pacchetto venne chiuso complessivamente a 25mila euro”.
22/02/2020