Passeggiare per Roma è bellissimo. Monumenti, scorci indimenticabili, stili architettonici che si mescolano, persino le strade parlano. E a volte, ti fanno imprecare. Quando, banalmente, magari con lo sguardo rapito guardi in alto uno stucco raffinato, un fregio e senti il tuo piede scivolare su qualcosa di disgustoso. E capisci che questa città non cambierà mai perché non è vittima di chi la governa, dello Stato centrale che se ne occupa poco e male e neanche di tutti coloro che la sfruttano, economicamente e non solo, senza lasciarle nulla in cambio. No, mentre la tua scarpa si riempie delle feci di un cane, pensi che i primi carnefici della Capitale sono i romani, i suoi stessi cittadini che magari a parole si riempiono la bocca di cotanta bellezza, del suo passato straordinario, delle possibilità che una metropoli così avrebbe ancora di primeggiare ma poi non sanno, anzi non vogliono rispettarla. Tenendola pulita, impedendo che diventi, letteralmente, una fogna. Lo so, state leggendo e sorridete. Vi sentite come nel film Johnny Stecchino: Roberto Benigni, sosia inconsapevole di un boss, viene accompagnato per le strade di Palermo da Luigi Maria Burruano che gli espone tutti i problemi di quella splendida città. Benigni, con la sua mimica unica, ogni volta si aspetta che quell’uomo pronunci la parola mafia e ogni volta quest’ultimo tira fuori dal cilindro qualcos’altro, essendo lui un picciotto. All’apice della comicità di questo equivoco, Burruano sancisce che sopra ogni cosa il vero cancro della città siciliana “è il ciaffico”. Il traffico, sì. Voi sorriderete leggendo queste righe e chiedendovi perché, tra i tanti malanni di questa città devastata, chi scrive se la prenda proprio con la cacca dei cani. E se siete animalisti, forse, siete già pronti a scrivere una vibrante lettera di proteste all’editore. Me la prendo con i padroni, sappiatelo, non con i cani che non hanno alcuna colpa, ma parlo di questo apparentemente piccolo ostacolo al vivere civile perché è un sintomo. In tempi di Coronavirus sappiamo che le peggiori epidemie le puoi se non evitare, limitare stando attento ai dettagli, alle piccole cose, riconoscendo la malattia in tempo. E sì, Roma non morirà per le feci di un quadrupede, è vero. Ma la sua agonia è fotografata benissimo da quelle strade zozze. E ancora di più dalle nostre splendide ville che hanno sentieri interi coperti di sterco. Una città di merda, verrebbe da dire, con una facile battuta. Eppure se cammino per la bellissima Villa Chigi, non riesco a capire perché al posto dei cestini che sono stati tolti ci siano montagne di bustine con le feci, a puzzare e invadere la strada. Una protesta contro la mancanza dell’infrastruttura? Forse. Ma intanto guardo l’area cani che tange Via Valnerina: bella, spaziosa, dotata di recipienti capienti per la spazzatura e di tutto ciò che serve ai migliori amici dell’uomo per sfogare la loro irruenza, giocare, correre, e tenere pulito. Permettendo agli altri che non hanno la fortuna di avere la compagnia di questi adorabili animali di usufruire di uno dei tanti punti di verde della nostra città (pochi sanno che nessuna capitale, in Europa ne ha più di noi, per quantità, qualità ed ettari) senza aver paura che i nostri bambini vengano spaventati dal loro abbaiare, senza che un anziano si veda magari buttato a terra da un cane di grande taglia troppo entusiasta e chi magari fa jogging o si sta solo prendendo un momento di relax centri quei regali marroni che padroni incivili non hanno raccolto. Un’amministrazione illuminata, quella di Veltroni, riaprì e riqualificò tantissimi parchi, ville, giardini. Un amore che è dimostrato dalla Casa del Cinema collocata nella sua amata Villa Borghese, sede pure del suo bel giallo edito da Marsilio, Assassinio a Villa Borghese, appunto. Quegli spazi verdi negli anni ’80 e ’90 erano l’abitazione di squatters e il presidio di spacciatori di stupefacenti, furono riportati alla loro bellezza e soprattutto ai cittadini. Ricorderete Roma Natura che resistette ad attacchi politici e di potere e che solo fino al 2002 riuscì a varare 5 piani di assetto, ossia i piani regolatori delle riserve naturali, aperto 12 sentieri natura e 3 centri visita nei parchi e recuperato casali abbandonati e promosso iniziative per rendere più fruibile il verde pubblico sottraendolo a ogni tentativo speculativo. Un regalo, che noi evidentemente non meritiamo. Perché l’egoismo, la pigrizia, la semplice arroganza ci impediscono di osservare delle regole normali. Cosicché senza alcuna vergogna i padroni occupano i sentieri dedicati a tutti, lasciando deserte le aree cani per cui tanti attivisti hanno giustamente lottato. E sì, scrivo queste parole proprio da una panchina di Villa Chigi. Vedendo l’ennesimo buzzurro, ben vestito e con un cane di razza, che lascia testimonianza della sua idiozia a pochi centimetri da me. Kennedy diceva “non chiedetevi cosa può fare il paese per voi, ma cosa potete fare voi per il paese”. Basterebbe rispettarlo. Oppure daremo sempre ragione a chi dice che il problema non è Roma, ma i romani. Che non sanno amare il tesoro che hanno e che così dimostrano di non amare e rispettare in primis se stessi.
Boris Sollazzo
04/03/2020