1°: SABOTARE IL PORTA A PORTA
Per prima cosa bisogna far sabotare fin dall’inizio ogni tentativo di organizzare una raccolta differenziata seria con il sistema “porta a porta”. Infatti, una volta separati alla fonte, i rifiuti già selezionati e ben separati (cioè contenenti al massimo il 70-90% di altri materiali incongrui) vanno per prima cosa conferiti ai Consorzi obbligatori. Tali Consorzi, per l’appunto, sono obbligati per legge a pagare al conferitore questi materiali per poi riavviarli ai circuiti di riciclaggio e di recupero. I soldi per finanziare i Consorzi obbligatori ce li mettiamo noi ogni volta che acquistiamo un prodotto (è il cosiddetto contributo CONAI). Se si organizza bene questo servizio, in discarica o nei termoinceneritori ci finirebbero solo i materiali non recuperabili: circa il 20-30% dei rifuti attuali. Ma a quel punto, secondo il concetto “Rifiuti Zero” ideato dal professore americano Paul Connett, basterebbe tassare pesantemente questi prodotti fatti solo per essere buttati via, al fine di costringere i produttori a commercializzare materiali recuperabili e riciclabili al 100%. Fatti tutti questi semplici passaggi si otterrà il risultato di togliere l’osso dalla bocca ai nostri cari “padroni della monnezza”. Dunque la raccolta differenziata non deve esser fatta funzionare, pur se ci costa un occhio della testa, perché altrimenti salta l’intero business. I rifiuti devono restare il più possibile indifferenziati.
2°: CAOS POLITICO
In secondo luogo bisogna che i politici litighino continuamente, almeno di fronte all’opinione pubblica, sulle scelte di smaltimento, sulla modalità impiantistiche e sulla localizzazione delle strutture. All’uopo sono molto utili i sistematici ricorsi al TAR di un’amministrazione pubblica contro un’altra, con conseguenti spese legali. Guai a sedersi intorno ad un tavolo per pianificare insieme la soluzione, come sarebbe loro obbligo morale fare, per tutelare effettivamente gli interessi dei cittadini. In tal modo, non esserdoci mai un accordo, basta ricorrere a nuove e ulteriori proroghe degli impianti già esistenti. Sempre con la scusa di evitare l’emergenza, ma di fatto procrastinandola ulteriormente.
3°: COMMISSARIARE
Il terzo passaggio verso l’emergenza costruita ad arte, proprio grazie alla sempre più “affidabile” inerzia della politica, è quello della nomina di un Commissario Straordinario, il quale gestirà la situazione alle condizioni date; cioè rivolgendosi agli stessi soggetti che già dispongono di siti di smaltimento autorizzati direttamente dai competenti uffici regionali. Uffici del tutto sconosciuti alla stessa opinione pubblica, che in molti casi persino ne ignora l’esistenza. I politici passano, ma i funzionari restano.
4°: POTERI STRAORDINARI
Infine si conferiscono enormi poteri all’occasionale e sprovveduto Commissario Straordinario in deroga alle leggi esistenti. In particolare: per autorizzare nuove vasche per seppellire rifiuti nelle stesse discariche (o per altri impianti che trattano rifiuti comunque indifferenziati), per invocare motivi di ordine pubblico in caso di proteste (cioè “manganellare” i manifestanti, ma non i provocatori né gli avvelenatori) e per ratificare le scelte già fatte dai padroni del business. Tutto, ovviamente, a carico dei contribuenti.