La Polizia di Stato di Latina, dopo aver ricostruito quanto accaduto, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per quattro persone: M.F. classe 1973; M.A. classe 1997, M.L. classe 1993 e F.R. classe 1978. I pregiudicati sono a vario titolo indagati dei reati di estorsione, lesioni personali e stalking.
Le indagini sono iniziate in seguito alla denuncia presentata a luglio 2020 da un uomo di Latina che aveva riferito di essere stato vittima di una aggressione da parte di M.F. e dai suoi due figli, i quali dopo averlo incontrato all’interno di una tabaccheria lo avevano colpito con calci e pugni, ed alla cui furia era poi scampato dopo essersi rifugiato in un esercizio commerciale. In quell’episodio, prima di trovare riparo, era stato inseguito dai suoi aggressori ed uno di questi aveva cercato di investirlo con una autovettura, procurandogli ferite. In sede di denuncia la vittima aveva manifestato timore e palese reticenza nel riferire le effettive ragioni della violenta aggressione, affermando di conoscere M.F. solo di vista e di non sapersi dare una ragionevole spiegazione dell’aggressione.
L’attività persecutoria della famiglia di M.F. è poi andata avanti nei mesi a seguire, quando prima hanno minacciato la persona offesa per il tramite di un amico di infanzia e dopo gli hanno fatto recapitare una lingua di animale all’interno della sua cassetta delle lettere quale chiaro atto intimidatorio.
In ultimo, il mese scorso, M.F. ed il figlio hanno inseguito la vittima, appena uscita di casa, mentre era a bordo della propria autovettura, e, nel tentativo di speronarlo, sbarrandogli la strada e tentando di farlo fermare, gli hanno mostrato il segno della pistola e gli hanno urlato che lo avrebbero ucciso.
Le indagini nel frattempo intraprese dalla Squadra Mobile, anche attraverso l’ausilio di servizi tecnici di intercettazione, hanno fatto luce sulla intera vicenda, facendo emergere un antefatto che chiamava in causa anche il pluripregiudicato F.R.
La vicenda che vedeva coinvolto quest’ultimo nasceva nel 2018, da una presunta truffa assicurativa rispetto alla quale F.R. pretendeva indebitamente il provento ottenuto da un giovane, dipendente di una pizzeria, ritenuto essere l’autore di tale frode.
Secondo quanto ricostruito, le stesse pretese sono poi continuate, almeno per tutto l’anno 2018, sino al momento in cui quest’ultimo non ha fatto perdere le proprie tracce in città, visto che F. lo aveva più volte incontrato a Latina e costretto a corrispondere piccole somme di denaro.
R.F., quindi, in quel periodo, aveva incrociato la parte offesa e, sapendo che lo stesso vantava rapporti di amicizia e frequentazione con il giovane dipendente della pizzeria, gli aveva informazioni in merito all’abitazione di quest’ultimo. L’uomo si era rifiutato di fornire tali informazioni e per questo ne era nata una discussione verbale in cui irrompeva, con modalità violente ed improvvise, M.F.
La reazione della vittima, il quale era riuscito a resistere all’aggressione sino a prevalere fisicamente sul M., aveva ingenerato evidentemente in quest’ultimo un profondo astio nonché un desiderio di vendetta e rimostranza, posto che una reazione plateale e pubblica come quella opposta dall’uomo ad un’azione violenta di un soggetto dall’alto spessore criminale, conosciuto e temuto in città, aveva di certo costituito un affronto che quest’ultimo, nella logica criminale, avrebbe dovuto prima o poi espiare.
Per questi fatti, il malcapitato non aveva sporto alcuna denuncia e, assoggettandosi evidentemente all’omertà di chi teme di incorrere in ben più gravi conseguenze, conoscendo la caratura criminale degli odierni indagati che al momento dei fatti erano sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, così dimostrando totale spregio delle prescrizioni loro imposte.
In tale contesto, inoltre, è rilevavante il fatto che F.M. annoveri tra le condanne quella relativa alla gambizzazione di Luca Troiani, cognato di Ferdinando Di Silvio detto il Bello. Lo stesso era anche stato oggetto di un tentato omicidio commissionato dal gruppo rom Di Silvio – Ciarelli.
Alla luce di quanto emerso si è compresa la genesi dell’aggressione della scorsa estate e soprattutto il timore e la reticenza nel raccontare quanto di sua conoscenza, sicché al culmine delle aggressioni e vessazioni subite ha deciso di rivolgersi alla Polizia di Stato nel momento in cui ha percepito in effetti un pericolo imminente per la propria incolumità e quella dei propri familiari.