Luca Andreassi è il coordinatore (insieme a Ileana Piazzoni) di Italia Viva Provincia di Roma e professore universitario di ingegneria a Tor Vergata. Con lui abbiamo fatto il punto sul tema rifiuti della Capitale ma non solo.
Andreassi, il Tar, con sentenza del 18 Gennaio, ha affidato direttamente al ministero per l’Ambiente, nella persona del Direttore Generale della Direzione per i rifiuti e l’inquinamento, il compito di individuare una rete integrata e adeguata di smaltimento dei rifiuti in ambito regionale. Perché si è arrivati a questa decisione e cosa succederà ora?
“Direi che era inevitabile. La Regione, infatti, è risultata inadempiente rispetto ad una sentenza del 2020 che le imponeva di individuare, nel termine di 6 mesi, la “rete integrata e adeguata” di impianti di smaltimento rifiuti con messa a disposizione della relativa capacità di smaltimento agli operatori laziali interessati. È il risultato dell’assenza di pianificazione. Fare pianificazione significa contribuire, con adeguate infrastrutture, a creare un ambiente dinamico e innovativo, tipico del mercato, così che le imprese, sia quelle che producono rifiuti sia quelle che li smaltiscono, possano svilupparsi e contribuire allo sviluppo sostenibile. Avere un sistema di gestione dei rifiuti più equilibrato significa far crescere l’economia circolare e contribuire in maniera effettiva alla rivoluzione verde. Non so esattamente quali saranno le conseguenze di questa sentenza, al di là dello stretto merito. Certo, potrebbe essere un impulso a smettere di parlarne soltanto e iniziare a programmare sul serio una reale rivoluzione verde. Dalle parole ai fatti. Sarebbe ora”.
Perché Roma si trova costantemente alle prese con un’emergenza rifiuti?
“Emergenza è qualcosa che si verifica all’improvviso e che improvvisamente va gestita. Il problema di Roma è, invece, strutturale. Assenza di programmazione e mala gestione, figlie di una politica sbagliata. Che ha visto il suo punto drammaticamente più basso nella gestione Raggi”.
Quali sono le criticità principali sulla gestione dei rifiuti nella Capitale?
“La lista è lunghissima. Iniziamo dalla scelta di questi anni di dire “no” a qualsiasi impianto, che ha solo contribuito ad aggravare la dipendenza dalle Regioni circostanti. Ma non parlo di impianti impattanti o inquinanti quali inceneritori o impianti di trattamento meccanico biologico, ma impianti che consentano di valorizzare le frazioni merceologiche separate dalla raccolta differenziata. Parlo di impianti di compostaggio, di recupero plastica, carta e vetro di dimensioni e taglie tali da essere integrati nel territorio e accettati dai cittadini dell’area, in quanto ne ravvisano l’assenza di impatto ambientale e l’immediato ritorno economico. Si pensi che oggi l’85% dei rifiuti viene mandato fuori CittaÌ€. Per capirci, a Milano sono prossimi al 100% di autonomia. Pensare che Roma ce la possa fare con questi numeri eÌ€ impossibile”.
Di chi sono le responsabilità?
“Roma è una città complicata. Senza dubbio. Ma non essere stati in grado di presentare un progetto per Roma credo sia una enorme responsabilità della politica”.
Chi ha ragione tra Zingaretti e Raggi?
“Hanno entrambi scelto di fare una battaglia di retroguardia. Fiumi di parole per stabilire se una nuova discarica dovesse essere realizzata a Roma o in provincia. Un dibattito talmente acceso ed enfatico che avrebbe avuto giustificazione solo se, dal suo esito, ne fosse scaturita la definitiva soluzione dei problemi. Invece, la discarica serve solo per tappare una falla. Ma non sposta di una virgola la questione. Mi spiego. Zingaretti vara un Piano Regionale dei Rifiuti che mette al centro il superamento degli anacronistici ed inquinanti impianti di trattamento meccanico e biologico. Ha ragione. Sono d’accordo anche io. Ma per superarli serve un’adeguata rete di impianti per la valorizzazione delle frazioni differenziate raccolte dai cittadini. E qui torniamo alla domanda iniziale. Sulla Raggi non ho commenti. Il passo zero è attuare la raccolta differenziata. Dopo aver cambiato sette management in AMA ed essere stata dopo molti anni il primo Sindaco a registrare una regressione in termini di percentuali di differenziata (ben venti e oltre punti in meno rispetto al limite di legge), ha approvato un piano industriale di AMA che prevede un impianto per il recupero dei pannolini. Una incapacità che diventa quasi offensiva nei confronti dei cittadini”.
Ama è un’azienda ingestibile? Sarebbe meglio privatizzare?
“Sono convinto che nella gestione dei rifiuti sia preferibile il pubblico al privato. Ovvero sia preferibile chi abbia come obiettivo la qualità del servizio e non il profitto. Certo AMA si trova in grandissime difficoltà. Se la politica ha certamente colpe importanti, è pur vero che se AMA presenta un piano industriale senza ragionare per prioritàÌ€, confondendo scelte necessarie con altre assolutamente populiste, non si aiuta. Roma, ed AMA, hanno bisogno di impianti. Compostaggio, per esempio. Si parla, senza specificare la tipologia di due impianti di compostaggio a Casal Selce e Cesano per una complessiva capacitaÌ€ di 100.000 tonnellate annue. QuantitàÌ€ assolutamente non sufficiente a trattare l’organico di Roma qualora raggiungesse davvero gli obiettivi previsti. Un’aspirina per un malato di cancro. Contestualmente si prevedono investimenti per compostiere di comunitàÌ€, verso le quali non ho alcuna pregiudiziale ma che sarebbero ingestibili nell’attuale sistema di gestione dei rifiuti romani, e per un impianto per il trattamento di pannolini, pannoloni ed assorbenti. E si parla di diversi milioni di euro. Insomma, a Roma non si riesce a differenziare carta, plastica, vetro, frazione organica dal residuo indifferenziato e si pensa ad un impianto che prevedrebbe la raccolta di un’ulteriore frazione. Pazzesco. Ed offensivo, ripeto, nei confronti dei romani. Prima si deve raggiungere il 65% di differenziata e poi si può pensare alla riduzione della produzione dei rifiuti. Su questo dovrebbe lavorare AMA”.
Perché a fronte di un servizio evidentemente scarso, i romani pagano una tariffa così alta?
“Perché pagano i disservizi, gli extracosti, l’incapacità di fare le gare. Pagano i sette tir che partono ogni ora per andare verso impianti dislocati nelle otto Regioni in cui Roma porta i propri rifiuti. E quest’anno pagheranno pure le sanzioni che il Comune di Roma comminerà ad AMA per non aver raggiunto gli obiettivi, come AMA stessa ha ammesso nella relazione di accompagnamento al Piano Finanziario 2020”.
Come si possono superare le resistenze dei cittadini per la collocazione delle discariche e dei vari impianti di trattamento dei rifiuti?
“Intanto, se ci fosse una virtuosa gestione dei rifiuti, anziché aprire nuove discariche le chiuderemmo. Poi la realizzazione di impianti non inquinanti, capaci di valorizzare gli sforzi dei cittadini nella differenziazione dei rifiuti e destinati a gestire i rifiuti di quell’area e non provenienti chissà da dove, creerebbero un circuito virtuoso di creazione consapevole di ricchezza, che funzionerebbe da incentivo”.
Cosa pensa della proposta lanciata dai Radicali per cui l’AMA dovrebbe acquistare i due Tmb ubicati a Malagrotta?
“Se la logica è quella di AMA e della Raggi, che prevedono un investimento di sessanta milioni di euro per un nuovo impianto TMB, sarebbe senz’altro più intelligente perseguire la proposta dei Radicali. Non vi è dubbio. Ma, sebbene la trovi giusta in questo contesto, mi sembra un po’ rinunciataria. Non dobbiamo arrenderci al fatto che non ci sia alcuna possibilità di differenziare i rifiuti a Roma. Perché i TMB a quello servono. A trattare i rifiuti dei cassonetti stradali. Il tal quale. Ecco, io vorrei provare a volare un po’ più alto disegnando un progetto in cui Roma non debba essere il terzo o quarto mondo nella gestione dei rifiuti”.
Cosa è possibile fare per risolvere il problema e con quale tempistica?
“Tre anni. Un progetto serio per avviare la raccolta differenziata, dividendo Roma per aree omogenee ed applicando sistemi diversi a seconda delle specificità dell’area. Pensando in ogni area alla adeguata dotazione impiantistica. Tre anni. E Roma può tornare ad essere una Città Europea”.
Una risposta su Albano e sulla provincia di Roma ce la deve. Anche se da qualche mese ha lasciato la delega alla gestione dei rifiuti per diventare vicesindaco e assessore ai lavori pubblici, siamo certi che sta seguendo le evoluzioni della situazione con la proposta di realizzare proprio ad Albano un impianto multimateriale con annesso compostaggio anaerobico.
“Una considerazione di contesto. In questo momento operano nella Provincia di Roma quattro società partecipate, completamente pubbliche, che, insieme servono una quarantina di comuni. Comuni virtuosi in termini di raccolta differenziata. Società che hanno storie diverse, ma immaginare che si possa costituire una rete creando un soggetto pubblico che interessi una parte enorme della Provincia di Roma sarebbe davvero esaltante. Io credo esistano le condizioni. Relativamente all’impianto di Albano, la logica è la stessa che ho teorizzato per Roma. Sì a un impianto non inquinante, di taglia adeguata a servire il quadrante in cui è inserito, che valorizzi le frazioni differenziate provenienti dalla raccolta differenziata, associandolo ad una capillare analisi della qualità delle falde acquifere e dell’aria, provate da anni di insediamenti industriali di gestione dei rifiuti. E con il patto che nessuna altra discarica venga attivata sul territorio. Non sono sicuro, tuttavia, che l’impianto proposto risponda a queste caratteristiche”.