È stato assolto con formula piena in Corte d’Appello C.D. trentenne di Sabaudia accusato di maltrattamenti contro familiari e rapina, reati commessi tra il luglio ed il dicembre 2019. Il giovane, secondo l’accusa, avrebbe assunto condotte violente nei confronti del padre per impossessarsi di denaro di famiglia. Gesti ripetuti, talvolta plateali come quando dopo aver trascinato il padre da un locale all’altro dell’esercizio commerciale di famiglia, lo avrebbe scagliato contro la vetrina, frantumandola, per poi impossessarsi di 50 euro dal registro di cassa. E ancora maltrattamenti nei confronti dei genitori che secondo il Pubblico Ministero rendevano impossibile la convivenza.
I reati contestati, pur venendo concesse le attenuanti generiche, avevano portato alla condanna emessa dal tribunale di Latina a ottobre 2020 di tre anni e sei mesi di reclusione oltre alla sanzione pecuniaria di 1200 euro ed al pagamento delle spese processuali. L’imputato, seguito dagli avvocati Valentina Macor e Mirko Vani, ha quindi presentato ricorso alla Corte di appello di Roma che si è pronunciata a favore di C.D. stabilendo che i reati di cui all’articolo 393 (esercizio arbitrario delle proprie ragioni) cessavano per remissione di querela mentre per il reato di cui all’art. 572 (maltrattamenti a familiari o malviventi) “il fatto non sussiste”. Cessate inoltre le misure cautelari dalla casa coniugale e del divieto di avvicinamento, il C.D. è condannato alle sole spese del procedimento.
«La rapina non si poteva configurare in quanto lavorando nell’esercizio di famiglia, quanto in oggetto era già nella sua disponibilità – spiega l’avvocato Macor –. Correttamente la Corte d’Appello di Roma ha riqualificato la rapina nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed è per questa ragione principale a cui si deve l’assoluzione mentre per ciò che riguarda i maltrattamenti ciò non sarebbero sussistito».