I reati contestati, pur venendo concesse le attenuanti generiche, avevano portato alla condanna emessa dal tribunale di Latina a ottobre 2020 di tre anni e sei mesi di reclusione oltre alla sanzione pecuniaria di 1200 euro ed al pagamento delle spese processuali. L’imputato, seguito dagli avvocati Valentina Macor e Mirko Vani, ha quindi presentato ricorso alla Corte di appello di Roma che si è pronunciata a favore di C.D. stabilendo che i reati di cui all’articolo 393 (esercizio arbitrario delle proprie ragioni) cessavano per remissione di querela mentre per il reato di cui all’art. 572 (maltrattamenti a familiari o malviventi) “il fatto non sussiste”. Cessate inoltre le misure cautelari dalla casa coniugale e del divieto di avvicinamento, il C.D. è condannato alle sole spese del procedimento.
«La rapina non si poteva configurare in quanto lavorando nell’esercizio di famiglia, quanto in oggetto era già nella sua disponibilità – spiega l’avvocato Macor –. Correttamente la Corte d’Appello di Roma ha riqualificato la rapina nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed è per questa ragione principale a cui si deve l’assoluzione mentre per ciò che riguarda i maltrattamenti ciò non sarebbero sussistito».