Cosa ci si può fare con l’acqua all’arsenico? Se lo domanda la gente “servita” da Acea Ato 2 e Acqualatina, dopo che in anni e anni di promesse, annunci, rapporti informativi e deroghe, politici e gestori non sono riusciti a riportare le acque al di sotto del limite massimo di arsenico imposto dalla legge. Innanzitutto dalle leggi di natura, visto che parliamo di un veleno.
Per le norme giuridiche il limite massimo di arsenico nell’acqua ad uso umano è di 10 microgrammi per litro, anche se si vuol invece far passare la tesi che tale limite nel Lazio sia tra i 10 e i 20 per le persone dai 3 anni di età in su. Riportare l’arsenico negli acquedotti sotto quel limite è cosa dovuta e fattibile con le tecnologie disponibili e con il fiume di denaro attinto dagli utenti con le bollette continuamente rincarate ed erogato dagli enti pubblici. Tra comunicati stampa e volantini ambigui, ordinanze dei Sindaci, dichiarazioni (o silenzi) fuorvianti e disinformazione fuorilegge, è bene chiarire che l’arsenico è un veleno e anche in piccole dosi fa male alla salute.
«L’arsenico non ci dovrebbe stare affatto nell’acqua ad uso umano, perché negli anni provoca malattie – chiarisce il dottor Pasquale Milo, segretario dell’Ordine dei medici di Latina – e dovremmo addirittura dire di non usare quest’acqua neanche per cucinare. Ma va anche detto che piccole quantità di arsenico (intorno ai 10-20 microgrammi/litro) non provocano danni nell’immediato se assunte per brevi periodi. Perciò è meglio non berla continuamente. Le donne incinte è bene che non la ingeriscano e non va data ai bimbi sotto i 3 anni, nemmeno usata per preparare le pappette. Comuni e Gestori idrici si devono sbrigare a risolvere, i sistemi per portare l’arsenico sotto i 10 microgrammi per litro ci sono». Il non aver risolto il problema, dunque, mette in un vicolo cieco pure i medici: visto che è un veleno e fa male anche quando è poco, cosa devono dire? Che fa male ma si può ingerire lo stesso? Oppure dire di non berla assumendosi loro tutta la responsabilità del disagio? «Siamo in attesa di una nuova deroga a 20 microgrammi per litro» ci spiega un dirigente Asl che chiede di non nominarlo. La faccenda scotta.
La questione vera è che questo veleno nelle acque va eliminato, senza cercare limiti di “tollerabilità” e la gente deve pretendere che si risolva il problema. Come ribadisce fermamente la dottoressa Antonella Litta, già ricercatrice scientifica presso l’Università di Roma “la Sapienza”, membro dell’associazione Medici per l’Ambiente Isde (International society of doctors for the environment). «L’Organizzazione Mondiale della Sanità – spiega l’Isde – auspica valori tra zero e 5 microgrammi/litro come obiettivo realistico. Le popolazioni che vivono in territori dove le acque presentano valori di arsenico ben al di sopra degli obiettivi di qualità e di quanto stabilito dalle vigenti normative di legge – spiega l’Isde -, dovrebbero essere sottoposti ad un attento e periodico monitoraggio del proprio stato di salute, in particolare i bambini». E invece qui non solo non si è informato, ma si gioca sui numerini e sulla quantità di veleno “accettabile” per continuare a spacciare acqua avvelenata.