Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Paola Della Monica, aveva condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione, a fronte di una richiesta di 20 fatta dal pm Antonio Sgarrella, il 44enne Ernesto Pantusa, di Latina, a un anno e mezzo Fabrizio Fava, di Tivoli, a due anni, Salvatore Carleo, di Morena, e a due anni Debora Fiorucci, di Sermoneta, per i quali erano stati chiesti 12 anni di carcere.
Il legale campano, con segni ancora evidenti sul viso e sul corpo del pestaggio subito, il 25 giugno 2019 si era presentato presso il comando provinciale dei carabinieri di Latina, denunciando di essere stato sequestrato, picchiato, minacciato con un manganello, rapinato di 2.300 euro in contanti, di effetti personali e dell’auto, una Bmw X6, e costretto a firmare cambiali e scritture private per 110mila euro.
L’avvocato aveva riferito agli investigatori di essere stato contattato da un suo cliente del capoluogo pontino, Ernesto Pantusa, che gli aveva chiesto di poter assistere un amico e per tale ragione gli aveva dato appuntamento nei pressi della Procura.
A quel punto però il legale sarebbe stato costretto a salire su un’auto, un suv Alfa Romeo Stelvio, da cui il nome dato all’inchiesta, e condotto in un capannone alla periferia della città, nei pressi di Borgo Bainsizza, dove sarebbero subito iniziate le violenze. Pantusa sarebbe stato raggiunto da quelli che sono stati inquadrati dagli inquirenti come suoi complici, la 51enne Debora Fiorucci, di Sermoneta, e i romani Salvatore Carleo e Fabrizio Fava, di 63 e 62 anni.
Un incubo durato cinque ore, nel corso delle quali l’avvocato sarebbe stato accusato di non aver ottenuto i risultati sperati in alcuni giudizi penali e civili, per costringerlo a versare il denaro come “risarcimento”. Gli indagati avrebbero inoltre paventato il possibile intervento di un esponente della criminalità organizzata casertana se non avesse pagato.
Già in primo grado le accuse erano state però ridimensionate, ritenendo il giudice che il sequestro non fosse stato a scopo di estorsione ma che vi fosse stato un esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ed era caduta quella di mafia e ora le stesse sono state ridimensionate ulteriormente.
La I sezione penale della Corte d’Appello ha ridotto per Pantusa, difeso dagli avvocati Dino Lucchetti e Marco Nardecchia, la pena a 3 anni e 4 mesi di reclusione. A Carleo, difeso dall’avvocato Gaia Gandolfi, è stato concesso il patteggiamento a due anni con sospensione condizionale della pena. A Fava, difeso dall’avvocato Fabrizio Merluzzi, la pena è stata ridotta a un anno e 4 mesi e a Fiorucci, difesa dall’avvocato Amleto Coronella, a un anno e mezzo.
LA PRECISAZIONE
Ancora diversi i punti da chiarire sulla vicenda oggetto del processo “Stelvio” e su alcuni a fornire delle precisazioni è lo stesso imputato principale, Ernesto Pantusa. Quest’ultimo specifica che le cambiali contestate sono quattro, due da 20mila euro, una da 7.200 e una quarta da 7.800, le ultime due in suo favore, per un importo totale di 55mila euro e non di 100mila. Pantusa sottolinea però soprattutto che la presunta vittima non fu affatto costretta a firmare cambiali, poiché le stesse non rappresentavano un risarcimento, ma erano state oggetto di una conciliazione tra le parti, come restituzione delle parcelle incassate dall’avvocato per servizi professionali non svolti.