Tutto questo grazie al lavoro di squadra fatto dai volontari Stefano e Franco Cocchi, il parroco di Nemi don Vincenzo Pennella, alcuni restauratori di arte antica, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Alberto Bertucci, la collaborazione del Parco Regionale dei Castelli Romani e dei guardiaparco insieme ai volontari del servizio civile universale, la protezione civile di Nemi e il direttore dello speco santuario di San Michele Arcangelo ( e del Museo Diocesano di Albano ) Roberto Libera. Tutti presenti ieri durante l’escursione sulla conca lacustre per raggiungere il luogo da Nemi centro e poi a risalire dal lungolago, dopo un percorso boschivo attrezzato di camminata a piedi di circa 20 minuti. Sono stati presenti anche l’archeologa Sara Scarselletta, delegata consigliera comunale alla cultura e beni culturali e archeologici di Nemi, e alcuni giornalisti, studiosi e storici, italiani e stranieri, delle più rinomate riviste di settore. E’ intervenuta anche Cristiana Avenali, consigliera regionale responsabile della regione Lazio della rete dei piccoli comuni, presenti anche i carabinieri della stazione di Nemi e altri volontari di alcune associazioni locali, come quella dei paracadutisti dei Castelli Romani.
La location, con molti affreschi sui muri nello speco interno dell’eremo risalirebbe al 1200-1400 D.C. dove si praticavano riti religiosi nel periodo medievale. “Una fattiva e preziosa iniziativa, portata a termine in sinergia – ha detto sindaco Alberto Bertucci – in collaborazione con il Ministero ai Beni Culturali, Regione Lazio, Città Metropolitana, Associazione Città del Vino ed altri Enti di Promozione Turistica e Culturale per la valorizzazione della conca del nostro lago amato e apprezzato in tutto il mondo per la sua storia millenaria di imperatori romani, navi tempio dell’antica Roma, il Tempio di Diana, le ville storiche e tanti altri reperti e siti di grande importanza archeologica e storica, tutto in collaborazione con la soprintendenza ai beni culturali e il museo nazionale del Ministero delle Belle Arti”.
Lo speco dell’eremo “era gestito, sicuramente tra il 1250 e il 1400 secondo le informazioni del direttore Roberto Libera, dalla Bolla Pontificia sappiamo che era gestito primariamente dai monaci sacerdoti dell’abbazia delle Tre Fontane di Roma, poi dal 1400 dagli stessi monaci presenti alla parrocchia di Nemi. In seguito fino al 1700 è stato sicuramente un luogo e punto di riferimento e di ritiro spirituale per monaci eremiti non meglio identificati da dove provenissero che condividevano l’adorazione e le feste in onore di San Michele Arcangelo con i religiosi e la comunità del posto, gli affreschi sono databili intorno al 1400-1450”.
Foto: Giorgia Fagiolo