**CENNI STORICI DELL’EREMO DI SAN MICHELE ARCANGELO.
L’ingresso dello speco di San Michele in Nemorensi è un inghiottitoio oscuro tra le rocce lacustri incorniciato dall’edera. Superato il cancello del 1917, ci si ritrova immersi nel buio totale e circondati da un’umidità palpabile. L’eremo di San Michele è innestato in un grande sperone di roccia lavica, lastricato in peperino e a tratti mostra ancora porzioni degli affreschi del 1400 che un tempo lo ricoprivano per intero. Probabilmente il sito era già in uso agli albori dell’epoca cristiana, tuttavia le prime nozioni sull’esistenza del romitorio con funzione religiosa e ascetica ci giungono da documenti risalenti al XII secolo. La presenza dell’antichissima chiesa di San Nicola (313 d.C) nei pressi dello speco e la vicinanza di sepolture cristiane, lascia intendere che Nemi sia stata la culla della nuova religione fin dalla sua alba. San Michele Arcangelo, inoltre, era classicamente venerato in aree boschive e remote, a lui erano dedicati antri e cime remote.In sostanza sembra che il nemus aricino, ancora una volta nella storia, si sia prestato come incubatore di un culto che portava in seno un forte legame con ambienti in cui la natura regna sovrana. Michele, nella liturgia cristiana, è l’entità che raccoglie le anime e le conduce nell’aldilà, è colui che combatte contro il demonio ed è il guaritore celeste. Tutti questi attributi trovano piena giustificazione nella collocazione di un luogo in cui venerare il santo in questo esatto spazio geografico, in quanto ci troviamo nei pressi di un antico cimitero, dei resti del Tempio di Diana, rinominati in epoca cristiana “le grotte del Diavolo“e della fonte Egeria, rinomata fin dall’antichità latina per le sue qualità medicamentose. Il potente arcangelo inoltre, qui posizionato, poteva strategicamente attingere appieno alle sue capacità e aiutare la Chiesa di Roma a esorcizzare il territorio dai focolai pagani che si ostinavano ancora a venerare gli antichi dèi.Il termine “pagano”, di fatti, deriva dal latino “pagus”, con il quale si era soliti indicare gli abitanti dei villaggi e delle zone rurali, nelle quali la popolazione era particolarmente restia all’abbandono dei culti politeisti per la conversione al cristianesimo. Lungo le mura dell’interno si possono notare una serie di nicchie, probabilmente utilizzate per riporre le lampade atte all’illuminazione dell’antro, sulla destra si trova l’entrata originale, attualmente sbarrata da un cumulo di rocce. Subito dopo l’ingresso, sulla destra, è possibile notare la prima porzione di affresco sopravvissuto, rappresentante San Pietro con le chiavi dell’aldilà, San Bernardino e il martirio di San Sebastiano, trafitto dalle frecce. Pietro reca in mano un testo aperto, l’inscrizione recita “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il Diavolo, come un leone affamato cerca prede” . Sulla sinistra è rappresentata la crocifissione, la particolarità di questo dipinto è da ricercare nello sfondo: laddove ci si aspetta lo scenario del Golgota , è invece rappresentata Nemi nel suo assetto Quattrocentesco, con il lago e Monte Cavo in lontananza. Sulla destra invece sono rappresentati la Madonna col bambino e, ancora una volta, San Sebastiano recante in mano i dardi con cui è stato trafitto e la mano sollevata in segno di vittoria sulla morte. Nella nicchietta adiacente è dipinto San Michele Arcangelo. L’altare è composto da elementi architettonici sottratti agli antichi siti archeologici della zona, pare che lo stesso Tempio di Diana abbia fornito del materiale. Si nota, di fatti, una certa disomogeneità strutturale: le colonne presentano capitelli di ordini differenti -corinzio per le anteriori e ionico nelle posteriori- oltre a essere di dimensioni diverse fra loro, inoltre come tetto del ciborio fu utilizzato un lastrone di marmo che originariamente costituiva la chiusura di un sarcofago, come si può notare dalle caratteristiche decorazioni interne. Sullo sfondo si intravede l’affresco raffigurante San Michele Arcangelo. L’eremo fu attivamente curato dai monaci e visitato dai fedeli in pellegrinaggio fino al 1700 ma dal secolo XVIII iniziò il suo declino: venne abbandonato, le sue mura furono intonacate e fu utilizzato come stallo per animali. Usciti dalla grotta esplorando un po’ i dintorni e, lungo lo stesso fianco del promontorio in cui si trova lo speco, si incappa in alcune cavità artificiali che mostrano segni di pittura rossa sulle pareti: in linea con quanto riscontrato nei dintorni potrebbe trattarsi di sepolture cristiane o preistoriche.