Fabio Di Malta, residente a pochi metri dal sito di stoccaggio rifiuti dell’Acea Kyklos, al confine tra Nettuno e Aprilia, questa mattina si è incatenato nell’area del Presidio di protesta dei residenti che da anni lamentano delle condizioni di assoluta invivibilità.
L’uomo, costretto a prendere farmaci salvavita a causa di una recente emorragia cerebrale, ha interrotto l’assunzione dei farmaci per chiedere giustizia e la possibilità di vivere una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia.
Non solo la puzza ma anche quelle che definisce “prese in giro dell’azienda” ai residenti sono la causa di un gesto estremo che andrà avanti “fino a che non si troverà una soluzione”. Un vero e proprio ultimatum.
Una situazione, quella dell’impianto Acea Kyklos che conoscono tutti: odori insopportabile, mosche, disagi inascoltati.
Quella di Fabio Di Malta è una testimonianza dolorosa e a cuore aperto.
“Per vent’anni – ha detto – insieme ai residenti ho lottato contro un impianto che ha pregiudicato questa zona da un punto di vista ambientale e le vite di tutte noi. La puzza ha reso la vita un inferno. Tantissimi si sono ammalati, ma a quanto pare non si può dire che la causa è la Kyklos. Nonostante le nostre segnalazioni, nonostante i malori, le denunce, le rilevazioni dell’Arpa, nonostante gli interventi delle forze di polizia l’azienda non solo non ha chiuso ma è sempre cresciuta. Di recente hanno realizzato anche una centrale Biogas i cui rumori delle turbine vanno avanti per tutta la notte. Io abito a pochi metri da qui, sono costretto a vivere con le finestre chiuse, la mia officina che era un patrimonio che mi ha lasciato mio padre e che avrei voluto lasciare ai miei figli, non vale più nulla. In certe giornate quando lavoriamo invasi dalla puzza. Gli agenti immobiliari non vengono neanche più a guardare le nostre case, le nostre proprietà, che hanno perso ogni valore. Chi vorrebbe venire a vivere qui, in questa situazione? Due anni fa ci siamo arresi, abbiano iniziato a trattare con l’azienda. Abbiamo detto loro che visto che crescevano di continuo dovevano farci un’offerta e acquistare le nostre case e i terreni, permetterci di andare via e ricominciare a vivere. Ma sono due anni che ci stanno prendendo in giro. Due anni di promesse e adesso non rispondono neanche più alle nostre pec. In Italia ci si può permettere anche questo. Io due mesi fa ho avuto un’emorragia cerebrale da stress. Non ho più la forza di lottare, non posso vivere così. Io adesso resterò qui seduto, qui in questo presidio, senza prendere farmaci, fino a che qualcuno non viene a trattare con noi e ci metterà in condizione di andare via”. Fabio è stanco e malato, all’improvviso interrompe l’intervista per riprendersi. “Sono stanco – ci spiega – non mi posso agitare”.
Fuori dal presidio carabinieri e polizia locale, ma anche altri residenti anche loro esasperati.