Ad ottobre sono diminuiti anziché aumentati i controlli sui pozzi di controllo interni alla discarica di Albano: sotto la lente dei tecnici dell’Arpa Lazio sono finiti solo 4 degli 11 pozzi attivi ed operativi all’interno dell’immondezzaio, vale a dire esclusivamente quelli riportati nelle vecchie autorizzazioni classe 2009 che, dopo 12 anni, non sono state ancora mai revisionate ed aggiornate dall’Ufficio Rifiuti Lazio, nonostante i ripetuti e reiterati solleciti di cittadini, associazioni e comitati territoriali: uno scandalo dello Stato di diritto. È utile ricordare, prima di tutto, che questi pozzi spia servono a monitorare il grave stato di inquinamento in cui versano le falde acquifere sottostanti il sito industriale da cui attingono – è utile ricordarlo – le centinaia di pozzi ad uso civile e commerciale della zona, situata a cavallo tra i comuni di Albano ed Ardea. Un’area ancora sprovvista di acquedotto idrico in cui vivono migliaia di cittadini ed in cui sono attivi b&b, ristoranti, pizzerie, cantine vinicole, agriturismo, aziende agricole, etc.
I VERBALI DI SOPRALLUOGO DI ARPA
In particolare, il 7 ottobre scorso l’Arpa Lazio (Agenzia Regionale dio Protezione Ambientale) ha monitorato solo ed esclusivamente 4 pozzi ( D, A, F1bis ed E): gli esiti delle analisi dell’acqua prelevata al loro interno verranno resi pubblici solo nelle prossime settimane. Ma i prelievi non hanno avuto luogo invece all’interno degli altri pozzi – come già accennato in precedenza – attivi ed operativi nel cimitero di rifiuti castellano, vale a dire nei sei pozzi: L, G, N, H, I bis ed E, tutti monitorati a settembre da Arpa Lazio e tutti risultati gravemente inquinati, come sottolineato anche nella recentissima ordinanza provvisoria del Tar del Lazio, in risposta al ricorso giudiziario promosso da 16 tra comitati e associazioni territoriali. A metà settembre, le analisi di Arpa Lazio su tutti e 10 questi pozzi avevano mostrato la presenza di 12 veleni presenti in concentrazioni superiori ai limiti di legge: 28 gli sforamenti accertati. Ancora senza controllo anche un undicesimo pozzo, il C bis, situato proprio all’interno dell’area dell’ex TMB (il frullatore per soli rifiuti indifferenziati), andato in fiamme il 30 giugno 2016 in circostanze ancora mai chiarite, su cui la società Colle Verde – che l’ha sub-affittato l’area dal Gruppo industriale riconducibile a Manlio Cerroni – vorrebbe realizzare un maxi-biogas al servizio di mezzo Lazio. Le analisi, nel pozzo C bis, erano state pre-annunciate più volte ma poi mai portate a termine a causa di una pompa che sarebbe stata rotta. È quanto si evince dal verbale di sopralluogo di Arpa Lazio inviato quest’oggi, 11 novembre, al consigliere comunale di Albano, Marco Moresco.
MORESCO: “L’UFFICIO RIFIUTI LAZIO COSA STA COMBINANDO?”
“Leggo nel verbale di sopralluogo di Arpa Lazio – attacca Marco Moresco, consigliere comunale di Albano – che gli affittuari dell’area su cui insiste il VII invaso ancora non avrebbero presentato agli Enti pubblici il certificato di taratura di una sonda. Che, inoltre, avrebbero posto un serbatoio di accumulo d’acqua accanto al pozzo A senza aver specificato il motivo né chiesto autorizzazioni agli Enti preposti. Che la pompa rotta nel pozzo C bis, accanto a cui potrebbe sorgere il maxi biogas, è stata sostituita – dopo 2 mesi, con estrema calma – ma ora starebbero mettendo a punto il software del programma di gestione della stessa e, quindi, il pozzo ancora non sarebbe stato sottoposto a campionamento. Ma quanto tempo ci vorrà per installare questo software, altri due mesi? Perché i controlli sui pozzi spia, anziché aumentare, diminuiscono? L’Ufficio Rifiuti Lazio, diretto da Vito Consoli, cosa sta facendo? So che tra ieri ed oggi, i cittadini si sono recati di nuovo presso le Procure di Velletri e Roma: presto scopriremo a mezzo stampa il motivo”.