Da uno studio dell’Istituto Nazionale di Statistica possiamo tuttavia capire che tale affermazione purtroppo non vale per tutti: quest’ultimo dichiara come nel 2020, in Italia, 116 sono state le vittime di femminicidio, ovvero la forma di omicidio del genere femminile. Più della metà di queste sono state uccise dall’attuale o precedente partner, il 25 percento addirittura da un familiare (tra i quali genitori e figli) e l’8 percento da un semplice conoscente (ad esempio amici o colleghi).
Traiamo da questi dati una sola conclusione: ci sono donne che a casa non trovano la serenità o l’accoglienza dei familiari, trovano bensì la morte. Innesca un grande senso d’ansia dirlo, eppure purtroppo è così.
Femminicidio… che spaventosa parola, un termine che ormai fa parte del vocabolario italiano ma anche della quotidianità. Possiamo collegare questa forma precisa di omicidio con la violenza domestica: nell’anno 2020 sono stati tanti i casi di maltrattamento femminile correlati per tanto al periodo di chiusura durante il Covid 19. Tali episodi hanno avuto un incremento così importante nel corso della pandemia che è stata sviluppata una frase convenzionale per la richiesta di aiuto. “Mascherina 1522”: La pronuncia di questo nome in codice ha salvato diverse donne italiane vittime di violenza domestica.
A Oristano una diciassettenne ha attivato la procedura di emergenza tramite la parola chiave per fermare le molestie da parte di un uomo di 60 anni che è stato arrestato in seguito a diverse indagini.
Il 25 novembre ricordiamo dunque il dovere di batterci contro il maltrattamento sulle donne: l’istituto comprensivo Donna Lelia Caetani onora questa giornata presentando al nostro piccolo comune due libri. Essi hanno lo scopo di aprirci gli occhi sulla “malapianta” della discriminazione sessuale, spiegata nel libro “Stai zitta” di Michela Murgia, e all’importanza di crescere e di educare i figli alla repulsione per ogni tipo di ingiustizia, come descritto nel manuale “Cara Ijeawele” dell’attivista e scrittrice Chimanda Ngozi Adichie.
La scuola tiene tanto a tale tematica e teme che una celebrazione annuale non sia abbastanza per ricordarci di fare qualcosa: per evitare di dimenticare l’importanza di lottare al fine di eliminare la violenza di genere, gli alunni tingono di rosso una panchina da installare nel giardino scolastico, la cui presenza fungerà da monito giornaliero per coloro che frequentano l’istituto.
Facciamoci sentire, parliamone, parliamone affinché chi verrà dopo di noi possa vivere nella serenità di uno stato nel quale le ragazze abitano sicure.
Laura Santoro
Studentessa dell’Istituto comprensivo Donna Lelia Caetani