Condanne confermate per i due poliziotti di Anzio che simularono un conflitto a fuoco sperando in una promozione. A distanza di dieci anni dai fatti, con un’articolata motivazione, la Corte di Cassazione ha spiegato perché rendere definitiva la sentenza e non concedere sconti ai due neroniani, all’epoca dei fatti assistenti capo della Polizia di Stato, in servizio presso il commissariato anziate. Il 31 gennaio 2004 i due, d’accordo con un pregiudicato di Anzio, fecero arrivare due telefonate anonime al 113, con cui veniva segnalata la presenza di un uomo armato, sul litorale di Ostia, a bordo di una Fiat Uno. Ad Ardea, in via Romagna, località Colle Romito, venne poi simulata la sparatoria.
I poliziotti dissero che avevano intimato l’alt alla Uno, ma che degli albanesi avevano iniziato a sparare con un Mab, un moschetto automatico ritrovato sull’utilitaria e ancora caldo, che loro avevano risposto al fuoco con le pistole di ordinanza e che i vetri della volante andati in frantumi li avevano feriti alla testa e alle mani, mentre i malviventi avevano fatto perdere le loro tracce fuggendo nelle campagne. Le indagini della squadra mobile di Roma fecero emergere un’altra verità, soprattutto alla luce degli accertamenti balistici, che smentirono la versione resa dai poliziotti. Uno dei due investigatori, che all’epoca dei fatti aveva 40 anni e che aveva materialmente fatto fuoco con il Mab, arma clandestina con matricola abrasa, contro la volante, venne arrestato.
L’altro poliziotto, all’epoca un 29enne, denunciato a piede libero. Caduto qualche reato in prescrizione, i due vennero condannati dal giudice del Tribunale di Velletri, il 15 maggio 2009, rispettivamente a 3 anni e 4 mesi di reclusione e 2 anni e 2 mesi. Il 9 febbraio 2012 la sentenza è stata riformata dalla Corte d’Appello di Roma e, grazie anche ad altri reati nel frattempo prescritti, le condanne per i due vennero portate a 2 anni, 7 mesi e 25 giorni di reclusione e 1 anno, 5 mesi e 25 giorni: una sentenza di colpevolezza ora resa definitiva dalla Corte di Cassazione. Clemente Pistilli