Nella classifica mondiale sulla Libertà di stampa quest’anno l’Italia ha perso ben 17 posizioni (un record!) ed ora è classificata come “Problematica”. Nel 2022 siamo dietro a paesi come Costa Rica, Giamaica, Sheychelles, Timor Est, Namibia, Trinitad e Tobago, Repubblica Dominicana, Bhutan, Guyana, Capo Verde, Costa d’Avorio, Moldavia, Burkina Faso, Isole Samoa, Sierra Leone, Tonga, Belize, Armenia, solo per citarne alcuni. Un dramma!
Quello dell’Italia ormai è una caso a livello mondiale. Nel report vengono fornite pure le motivazioni: in Italia
“…i giornalisti a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi, o per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, o per evitare una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale”.
Governo e Parlamento, dice il report, stanno “frenando l’adozione di vari progetti di legge” che libererebbero i giornalisti dall’attuale giogo a cui sono costretti. Ma ai politici sta bene così.
Da anni noi de Il Caffè diciamo che in Italia c’è la libertà di stampa, ma non c’è una stampa libera di scrivere in maniera indipendente.
Pluralismo = spartizione
E per mostrare una parvenza di democrazia si punta sul ‘pluralismo’ di giornali e trasmissioni tv, dove i due schieramenti politici sono sempre in forte contrasto, litigano e si azzuffano. Questo dà all’italiano una sensazione di democrazia, ma in realtà ‘pluralismo’ è solo sinonimo di spartizione. E visto che al giornalista è concessa solo la libertà di scegliere se stare a destra o a sinistra, chi scrive è costretto poi ad autocensurarsi, come dice chiaramente Reporter senza frontiere, e verità e indipendenza del pensiero se ne vanno a farsi friggere.
Il report suddivide poi l’analisi in 4 contesti che compongono il risultato finale della classifica: economico, politico, legale, socioculturale. E l’Italia è messa male in tutti e 4. In particolare in quello economico (67° posto) il report denuncia una dipendenza dei media dal denaro e “dagli introiti pubblicitari e da eventuali sussidi statali”.
Gli investimenti pubblicitari, che sono l’elemento economico che fa sopravvivere una testata giornalistica, sono ‘orientati’ comunque dalla politica: un po’ qua un po’ là, un po’ a destra un po’ a sinistra, in maniera pluralistica cioè, appunto …di spartizione.
L’informazione indipendente (osteggiata da tutto il mondo politico italiano) viene completamente esclusa, come anche viene esclusa dall’enorme flusso di denaro che gli enti pubblici riversano in campagne di comunicazione, o dai sussidi diretti indirizzati sempre e solo ai ‘soliti noti’.
Cosa fare
Penso che la soluzione affinché il giornalismo italiano possa tornare nel mondo ‘civile e democratico’ ci sia, ed è sintetizzabile in 4 azioni:
– difendere i giornalisti dalle querele temerarie con una apposita legge (attesa dal 1946);
– rendere il mercato publicitario privato veramente libero dalle influenze politiche;
– adottare criteri oggettivi per l’uso dei soldi pubblici nella comunicazione;
– supportare con un vero welfare il giornalista che si licenzia da una testata editorale.
Allora potremo parlare finalmente in Italia di una stampa libera, che, a cascata, porterebbe enormi miglioramenti alla moralità del mondo politico ed economico nazionale.