E come si controlla l’informazione? Mettendo i giornalisti in condizione di non poter scrivere quello che dovrebbero, cioè la verità dei fatti.
L’inganno del pluralismo
La democrazia si esprime in Italia con una sorta di equilibrio degli schieramenti mediatici: ci sono i giornalisti di destra e di sinistra, che si dividono i posti nelle varie testate. Questa continua zuffa mediatica dà all’italiano la sensazione di una informazione che rispetta il pluralismo. Ma ‘pluralismo’ non è sinonimo di verità.
Chi si occupa allora di cercare e raccontare la verità?
La risposta è: (quasi) nessuno. Perché per chi davvero ricerca la verità, nella sua completezza, non c’è posto nell’editoria italiana.
L’Italia oggi è l’unico paese occidentale dove le leggi permettono alla politica un completo controllo dell’informazione: questo non è complottismo, ma è il risultato di quanto scritto nero su bianco nei codici penale e civile. L’arma principale che la politica ha per imporre il proprio dominio sui media è proprio la querela.
L’esempio degli Usa
Negli USA per chiedere la condanna di un giornalista non basta che questo abbia scritto determinate cose, l’accusatore deve anche dimostrare che l’abbia fatto proprio con la volontà di danneggiarlo; in Italia basta sbagliare un verbo per finire davanti a un giudice. Il giornalista quasi sempre viene assolto, ma intanto deve pagarsi un avvocato e fare per anni su e giù per i tribunali: così la prossima volta ci penserà due volte a scrivere quelle verità molto scomode per qualcuno.
Tutto questo ammenoché non siate ‘protetti’ da qualche sponda politica. Così è. E così deve rimanere.
Ecco perché da più di 70 anni in Parlamento non si riesce ad approvare una legge sulle querele temerarie (ovvero fatte a scopo intimidatorio) contro i giornalisti. La politica deve rimanere l’unica dispensatrice di verità