Con un occhio ai grandi spazi desolati e uno al tumulto interiore dell’anima, Claudia Bruno, scrittrice e giornalista di Pomezia racconta il degrado ambientale attraverso lo sguardo attento della giovane Greta. Lei è infatti la protagonista di “Fuori non c’è nessuno. Ninna nanna di periferia” (Editrice Effequ, 2016, pp.224). Arrivata dal Sud Italia con la famiglia negli anni Novanta, Greta vive tra i palazzoni opachi di Piana Tirrenica, una campagna industriale immaginaria talmente realistica però da farci ricordare le nostre periferie, quelle che tutti i giorni viviamo senza molto entusiasmo. Centri commerciali, abusivismo edilizio, cantieri e capannoni di fabbriche: è qui che Greta incontra Michela. Alle soglie dell’adolescenza le due vivranno una storia sospesa tra l’ amicizia e l’amore, scandita dalla quotidianità suburbana, che le porterà più tardi a perdersi per sempre.
“Ho iniziato a scrivere questa storia nel 2013 ispirata da Le città invisibili di Italo Calvino. In questo romanzo il vero protagonista è il paesaggio, che si rifà ad alcune zone dell’agro romano, e della città dove sono cresciuta, Pomezia, ma anche a quelle molto simili di altri territori che mi è capitato di attraversare”. La periferia come condizione di isolamento e desolazione in cui si trovano a vivere spesso i suoi abitanti. Alcuni lottano contro la bruttezza, altri rinunciano e scappano. “Qualcosa che avevo sempre odiato e che pure continuavo a cercare con lo sguardo dai finestrini dei treni e degli aerei durante i miei viaggi, posti in cui ci si trova a vivere perché costano meno, o in cui si arriva per avere una possibilità”. Una storia corale, di migrazione, che spesso non ha trovato voce. “È un romanzo di racconti, che parte dal presente e cerca di ricomporre la storia di un paesaggio che ha coinvolto almeno una generazione, attraverso un puzzle di ricordi anche molto “pop”, quelli degli anni Novanta, e memorie di una cultura contadina che ormai sembra perduta per sempre”, conclude l’autrice.
“Ho iniziato a scrivere questa storia nel 2013 ispirata da Le città invisibili di Italo Calvino. In questo romanzo il vero protagonista è il paesaggio, che si rifà ad alcune zone dell’agro romano, e della città dove sono cresciuta, Pomezia, ma anche a quelle molto simili di altri territori che mi è capitato di attraversare”. La periferia come condizione di isolamento e desolazione in cui si trovano a vivere spesso i suoi abitanti. Alcuni lottano contro la bruttezza, altri rinunciano e scappano. “Qualcosa che avevo sempre odiato e che pure continuavo a cercare con lo sguardo dai finestrini dei treni e degli aerei durante i miei viaggi, posti in cui ci si trova a vivere perché costano meno, o in cui si arriva per avere una possibilità”. Una storia corale, di migrazione, che spesso non ha trovato voce. “È un romanzo di racconti, che parte dal presente e cerca di ricomporre la storia di un paesaggio che ha coinvolto almeno una generazione, attraverso un puzzle di ricordi anche molto “pop”, quelli degli anni Novanta, e memorie di una cultura contadina che ormai sembra perduta per sempre”, conclude l’autrice.
14/07/2016