Il 27 ottobre 2008 la dipendente, una 51enne, dopo una lettera di contestazione che l’accusava di comportamenti diffamatori nei confronti del datore di lavoro, venne messa alla porta dalla “Cesare Fiorucci spa”. Un licenziamento per motivi disciplinari. Disposto dopo che, l’8 novembre dell’anno precedente, la dipendente aveva inviato un esposto alla Procura della Repubblica di Velletri e al Ministero del lavoro con cui criticava le scelte aziendali di ricorrere alle procedure di cassa integrazione straordinaria e mobilità nonostante la stessa azienda fosse in continua crescita economica. Una situazione che aveva spinto la lavoratrice a ipotizzare la truffa ai danni dello Stato. Una volta licenziata, la donna fece però ricorso al Tribunale di Velletri, chiedendo l’annullamento del provvedimento preso nei suoi confronti dalla spa, di essere reintegrata nel posto di lavoro e risarcita. L’azienda, a sua volta, fece un altro ricorso, chiedendo invece che la lavoratrice venisse condannata a risarcire il danno d’immagine causato alla spa. E il Tribunale respinse entrambe le richieste. Ma la 51enne non si arrese e riuscì a far valere le sue ragioni, nel 2013, davanti alla Corte d’Appello di Roma, che annullò il licenziamento, specificando che la dipendente non aveva diffamato l’azienda, avendo sottoscritto un esposto tra l’altro su vicende oggetto di ampio dibattito pubblico, tanto sulla stampa quanto nelle sedi istituzionali. E ora quella decisione è definitiva. La Cassazione ha infatti rigettato il ricorso della “Cesare Fiorucci spa” e avallato completamente la tesi dei giudici di secondo grado.
Pomezia, 8 anni di battaglie legali
Integrata al lavoro e risarcita dalla Fiorucci: il licenziamento era illegittimo
Non si può perdere il lavoro per aver criticato scelte aziendali, sospettando che sia stata computa una truffa e chiedendo alla magistratura di indagare. Una dipendente della “Fiorucci”, storica azienda alimentare di Pomezia, è stata così definitivamente reintegrata per ordine del giudice e risarcita.
23/01/2017
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