Il teatro come inserimento sociale e lavorativo, la recitazione come antidoto all’isolamento e all’instabilità emotiva generata dalla detenzione. Sono questi i principali obiettivi che ispirano l’attività dell’associazione di Pomezia Per Ananke, che da 8 anni porta avanti progetti di teatro presso il carcere femminile di Rebibbia di Roma. “Finalmente dopo anni siamo riusciti a portare fuori da Rebibbia i nostri spettacoli – spiega con orgoglio la regista Francesca Tricarico, impegnata nel progetto “Le donne del muro alto”. A luglio siamo partite con la prima tournée teatrale di attrici-detenute anche fuori dal Lazio: siamo state al festival Metamorfosi di Siena, alla Festa del cinema di Roma, in scena al teatro Palladium di Roma per la rassegna Destini incrociati, ospiti dell’Università Luiss per la Fondazione Severino”.
La compagnia delle “Le donne del muro alto”, che include ex detenute e donne ammesse a misure alternative alla detenzione, è attualmente in scena con lo spettacolo Ramona e Giulietta, personale rilettura di una delle più celebri opere di Shakespeare. Va in scena l’amore tra Ramona e Giulietta, due donne che nonostante i cancelli, le sbarre, trovano la forza di amarsi oltre i pregiudizi. Lo spettacolo andrà in scena anche a Pomezia, sabato 18 dicembre presso il teatro di via della Tecnica 1 (ingresso libero con Green Pass).
Il teatro è vita, comunicazione, sentimento: per questo il progetto si sdoppia, fuori e dentro le mura del carcere. All’interno di Rebibbia infatti, insieme alle donne ancora detenute, la regista Francesca Tricarico sta mettendo in piedi uno spettacolo nuovo dal titolo “Caterina” che narra le vicende di una faraona (che esiste veramente a Rebibbia). Il teatro di Per Ananke dimostra come, da un momento di difficoltà come è stata ed è ancora la pandemia, si può trarre un’esperienza positiva ed educativa. “Abbiamo trasformato il problema del Covid in una risorsa. L’anno scorso, in piena pandemia, non abbiamo potuto tenere le lezioni di teatro dal vivo. Per questo, con le ex detenute, abbiamo pensato e ideato un audiolibro. Un modo per tenere vivo l’interesse e la passione per la recitazione – spiega Francesca -. Il Covid ha portato una bella rivoluzione in carcere, ma anche diversi disagi: se da una parte le donne hanno potuto videochiamare i loro parenti, dall’altra parte sono rimaste ancora più isolate, senza il permesso di incontrare le famiglie”. “Quello che, insieme agli educatori, abbiamo notato è stata la totale accettazione della reclusione, l’atteggiamento lucido e maturo delle donne, ora più consapevoli e stabili anche grazie all’esperienza del teatro”. “Una volta riprese le attività ho notato subito una fame di conoscenza, da parte delle ragazze. Questo ci ha permesso di dare il massimo sul palcoscenico”. Francesca Tricarico è soddisfatta del lavoro a Rebibbia, della crescita personale, culturale, emotiva delle donne detenute: “È stato difficile conquistare la loro fiducia, ma adesso, dopo 8 anni, lavoriamo in totale sintonia. Erano diffidenti perché volevano capire se io fossi lì per loro o piuttosto solo per un progetto temporaneo ed effimero. Adesso è più semplice comunicare, si lavora, si studia insieme, si fa gruppo. In futuro – conclude Francesca – vorrei mettere in contatto le ex detenute con le donne recluse, per dare, a queste ultime, un esempio concreto di rivincita e rinascita”. Il messaggio di Per Ananke è chiaro: il carcere le ha messe insieme costringendole alla reclusione e alla convivenza forzata, il teatro le ha unite come una vera e propria famiglia. (foto di Marika Simeoni)
La compagnia delle “Le donne del muro alto”, che include ex detenute e donne ammesse a misure alternative alla detenzione, è attualmente in scena con lo spettacolo Ramona e Giulietta, personale rilettura di una delle più celebri opere di Shakespeare. Va in scena l’amore tra Ramona e Giulietta, due donne che nonostante i cancelli, le sbarre, trovano la forza di amarsi oltre i pregiudizi. Lo spettacolo andrà in scena anche a Pomezia, sabato 18 dicembre presso il teatro di via della Tecnica 1 (ingresso libero con Green Pass).
Il teatro è vita, comunicazione, sentimento: per questo il progetto si sdoppia, fuori e dentro le mura del carcere. All’interno di Rebibbia infatti, insieme alle donne ancora detenute, la regista Francesca Tricarico sta mettendo in piedi uno spettacolo nuovo dal titolo “Caterina” che narra le vicende di una faraona (che esiste veramente a Rebibbia). Il teatro di Per Ananke dimostra come, da un momento di difficoltà come è stata ed è ancora la pandemia, si può trarre un’esperienza positiva ed educativa. “Abbiamo trasformato il problema del Covid in una risorsa. L’anno scorso, in piena pandemia, non abbiamo potuto tenere le lezioni di teatro dal vivo. Per questo, con le ex detenute, abbiamo pensato e ideato un audiolibro. Un modo per tenere vivo l’interesse e la passione per la recitazione – spiega Francesca -. Il Covid ha portato una bella rivoluzione in carcere, ma anche diversi disagi: se da una parte le donne hanno potuto videochiamare i loro parenti, dall’altra parte sono rimaste ancora più isolate, senza il permesso di incontrare le famiglie”. “Quello che, insieme agli educatori, abbiamo notato è stata la totale accettazione della reclusione, l’atteggiamento lucido e maturo delle donne, ora più consapevoli e stabili anche grazie all’esperienza del teatro”. “Una volta riprese le attività ho notato subito una fame di conoscenza, da parte delle ragazze. Questo ci ha permesso di dare il massimo sul palcoscenico”. Francesca Tricarico è soddisfatta del lavoro a Rebibbia, della crescita personale, culturale, emotiva delle donne detenute: “È stato difficile conquistare la loro fiducia, ma adesso, dopo 8 anni, lavoriamo in totale sintonia. Erano diffidenti perché volevano capire se io fossi lì per loro o piuttosto solo per un progetto temporaneo ed effimero. Adesso è più semplice comunicare, si lavora, si studia insieme, si fa gruppo. In futuro – conclude Francesca – vorrei mettere in contatto le ex detenute con le donne recluse, per dare, a queste ultime, un esempio concreto di rivincita e rinascita”. Il messaggio di Per Ananke è chiaro: il carcere le ha messe insieme costringendole alla reclusione e alla convivenza forzata, il teatro le ha unite come una vera e propria famiglia. (foto di Marika Simeoni)
Laura Alteri
17/12/2021