In una lettera protocollata a piazza Indipendenza lo scorso 24 novembre, di cui il Caffè è venuto in possesso in esclusiva, la Regione contesta al Comune niente meno che “la convalida illegittima di atti amministrativi illegittimi”, e tutte le carte sono state inviate alla Procura della Repubblica di Velletri “per quanto riterrà opportuno”.
Al centro dei fatti ci sono nove palazzine, realizzate da altrettante cooperative edilizie in via Almirante e via Romualdi, a ridosso del quartiere Nuova Lavinium. Per costruire quegli edifici, dice la sentenza del Tribunale di Velletri n. 2500 del 2014, furono rilasciati tra il 2006 e il 2007 una serie di permessi a costruire irregolari che consentivano la realizzazione di altri due piani (il 6° e il 7°) eccedendo la normativa vigente prevista, che ne consentiva solo 5. Per quei fatti andarono a processo l’ex dirigente all’urbanistica Anna Ferrazzano, per abuso d’ufficio e falso ideologico, nonché altri dipendenti del Comune di Pomezia. Nei loro confronti intervenne la prescrizione dei reati ma il Tribunale di Velletri inviò comunque al Sindaco di Pomezia (nel 2014 era già Fabio Fucci) copia degli atti “per le determinazioni di sua competenza in ordine agli abusi”. Al Sindaco, che nel 2013 deliberò con la sua Giunta che il Comune si sarebbe costituito parte civile nel processo a carico di quei dipendenti, spettava quindi il compito di intervenire sulle irregolarità edilizie riscontrate.
Il Comune di Pomezia lo ha fatto. Ha agito con una delibera di consiglio comunale, la n. 62 del settembre 2015: un documento che è stato votato all’unanimità, senza alcuna discussione in aula, dalla maggioranza del Movimento 5 Stelle mentre, fuori dal Municipio, i consiglieri di opposizione erano impegnati a battagliare perché all’ingresso non gli era stato consegnato il badge giusto.
Oggi la Regione Lazio – sollecitata dall’esposto presentato dagli avvocati pometini Francesco Falco e Tiziana Fiorini, che seguono alcuni prenotatari degli appartamenti – interviene proprio a contestare quanto previsto da quella delibera. In burocratichese, la modifica dell’articolo 6 delle Norme Tecniche di Attuazione del “Comparto D”, con cui il consiglio comunale ha avallato l’aggiunta di un piano (il 6°) a quelli consentiti e di ulteriori 3,20 m di altezze, ciò in nome di un “prevalente interesse pubblico”. Nei fatti una specie di sanatoria, visto che la delibera termina dicendo che “la predetta modifica delle citate N.T.A. comporta la conseguente convalida dei permessi a costruire”.
“Tale conclusione non è condivisibile – ha messo nero su bianco la Regione – in quanto non può uno strumento urbanistico uniformarsi a un provvedimento abilitativo edilizio illegittimo (…) Inoltre, si riscontra l’uso arbitrario e illegittimo della convalida dell’atto amministrativo (…) nel caso di specie il Comune di Pomezia non ha affatto rimosso il vizio dell’atto ma ha modificato il quadro normativo di riferimento al fine di legittimare ex post i titoli illegittimi che restano invariati”. Secondo i tecnici regionali, infatti, anche a livello di misure e distanze il provvedimento della delibera pentastellata sarebbe errato.
Bocciati su tutta la linea, ma ancora più gravi sono i toni che la Regione ha usato per parlare dei 7° piani delle palazzine (che dovrebbero essere cantine ma che, secondo la Regione, sarebbero stati resi dei veri e propri appartamenti), che non sono stati nemmeno sfiorati nella delibera del consiglio comunale. “Procedure irregolari e omissive”, sono le parole usate dalla Pisana per definire il modus operandi del Comune di Pomezia a seguito della sentenza del 2014. Secondo quanto si legge, l’Ente di piazza Indipendenza non avrebbe effettuato controlli sugli edifici di via Almirante e via Romualdi né dopo aver ricevuto la documentazione dal Tribunale di Velletri, né dopo due solleciti da parte della Regione.
Due sono le possibilità che la Regione prospetta al Comune pometino, sollecitando un “provvedimento repressivo relativo ai piani sesto e settimo”: da una parte, la demolizione degli abusi edilizi oppure, se ciò dovesse creare danni alla parte dell’edificio conforme alle regole, l’applicazione di una sanzione pecuniaria “pari al doppio dell’incremento del valore di mercato dell’imobile conseguente alla esecuzione delle opere abusive”. Una soluzione che, tuttavia, potrebbe gravare pesantemente sulle tasche dei prenotatari degli appartamenti, alcuni dei quali pare abbiano già rogitato. Un bivio non da poco per l’Amministrazione pometina.
Perché questi ritardi, se confermati, nei controlli su delle palazzine che si sapeva essere interessate da abusi? La domanda resta aperta, come ampi sono i dubbi suscitati da questa vicenda e sui ruoli che vi gravitano intorno.
La Procura della Repubblica di Velletri è stata chiamata a valutare se approfondire quanto è accaduto in questi anni, a partire dal 2006 e da un’altra maggioranza politica fino ai giorni nostri, quando sulla poltrona di Primo cittadino siede un Sindaco del Movimento 5 Stelle.