Il castello Sforza Cesarini è un edificio che, nonostante gli anni e lo stato di abbandono, ha ancora il suo fascino. È il castello che svetta sulla rocca di Ardea e che è di proprietà degli Sforza Cesarini. Per nulla valorizzato, negli anni è diventato un luogo spettrale che, nonostante la maestosità e la rievocazione dei fasti di un tempo, è di certo una mancata occasione di sviluppo turistico non solo per Ardea ma per tutto il territorio.
Nell’agosto del 2012 la commissione consiliare Ambiente del Comune di Ardea aveva avviato la cosiddetta “lotta al degrado” del castello, nel centro storico della città rutula: il rudere del maniero costruito nel XV secolo dalla famiglia Colonna (poi venduto ai Cesarini nel 1564), distrutto durante la seconda guerra mondiale. I consiglieri avevano disposto all’unanimità di dare mandato alla polizia locale e agli uffici comunali, secondo le proprie competenze, di elevare verbali di contravvenzione a seguito di accertamenti sul pessimo stato di manutenzione e igienico-sanitario dell’immobile, divenuto ricettacolo di topi e serpenti. Pochi mesi dopo arrivò la sanzione di 500 euro per i proprietari.
La commissione aveva indicato, inoltre, un crono-programma di interventi per la bonifica e la messa in sicurezza del sito a carico del proprietario, che individuava al 30 settembre 2012 il termine per la presentazione del progetto e al 30 dicembre dello stesso anno quello per l’inizio dei lavori. Altrimenti si sarebbe proceduto all’esproprio.
Non fu dato seguito a quella indicazione. La proprietà collabora con il Comune nel taglio dell’erba, l’area risulta recintata e inaccessibile e solo grazie alle associazioni si riesce a mantenere un certo decoro. Il piazzale antistante il castello è attualmente un parcheggio.
La struttura potrebbe essere recuperata, magari individuando delle sponsorizzazioni prestigiose per rimettere il tutto in sesto (ad esempio come è avvenuto per il restauro del Colosseo), diventando così un’attrazione per il turismo, oltre a poter essere adibito a ospitare eventi culturali ed essere inserito nel polo culturale di Ardea, che già annovera il museo Manzù e l’area archeologica Castrum Inui.
Ma chi sarebbe disposto a spendere ad Ardea 4,8 milioni di euro? Tanto, infatti, costerebbe recuperare il prestigioso rudere.
Proprio Giacomo Manzù negli anni sessanta aveva proposto di acquistare il castello, ricostruire il primo piano e farne un’ala dedicata al suo museo e l’altra donarla al Comune. Non se ne fece mai nulla.
Nell’agosto del 2012 la commissione consiliare Ambiente del Comune di Ardea aveva avviato la cosiddetta “lotta al degrado” del castello, nel centro storico della città rutula: il rudere del maniero costruito nel XV secolo dalla famiglia Colonna (poi venduto ai Cesarini nel 1564), distrutto durante la seconda guerra mondiale. I consiglieri avevano disposto all’unanimità di dare mandato alla polizia locale e agli uffici comunali, secondo le proprie competenze, di elevare verbali di contravvenzione a seguito di accertamenti sul pessimo stato di manutenzione e igienico-sanitario dell’immobile, divenuto ricettacolo di topi e serpenti. Pochi mesi dopo arrivò la sanzione di 500 euro per i proprietari.
La commissione aveva indicato, inoltre, un crono-programma di interventi per la bonifica e la messa in sicurezza del sito a carico del proprietario, che individuava al 30 settembre 2012 il termine per la presentazione del progetto e al 30 dicembre dello stesso anno quello per l’inizio dei lavori. Altrimenti si sarebbe proceduto all’esproprio.
Non fu dato seguito a quella indicazione. La proprietà collabora con il Comune nel taglio dell’erba, l’area risulta recintata e inaccessibile e solo grazie alle associazioni si riesce a mantenere un certo decoro. Il piazzale antistante il castello è attualmente un parcheggio.
La struttura potrebbe essere recuperata, magari individuando delle sponsorizzazioni prestigiose per rimettere il tutto in sesto (ad esempio come è avvenuto per il restauro del Colosseo), diventando così un’attrazione per il turismo, oltre a poter essere adibito a ospitare eventi culturali ed essere inserito nel polo culturale di Ardea, che già annovera il museo Manzù e l’area archeologica Castrum Inui.
Ma chi sarebbe disposto a spendere ad Ardea 4,8 milioni di euro? Tanto, infatti, costerebbe recuperare il prestigioso rudere.
Proprio Giacomo Manzù negli anni sessanta aveva proposto di acquistare il castello, ricostruire il primo piano e farne un’ala dedicata al suo museo e l’altra donarla al Comune. Non se ne fece mai nulla.
Restauro mai avviato
Già nel 2008 si parlò della stesura di un protocollo d’intesa (non concretizzato) che consentisse alla famiglia Sforza Cesarini di restaurare il bene e alla città di poterne avere un uso pubblico, rendendolo un luogo per attività culturali e istituzionali e per ospitare interventi di qualità.
Già nel 2008 si parlò della stesura di un protocollo d’intesa (non concretizzato) che consentisse alla famiglia Sforza Cesarini di restaurare il bene e alla città di poterne avere un uso pubblico, rendendolo un luogo per attività culturali e istituzionali e per ospitare interventi di qualità.
14/07/2016